Si è conclusa la 61/a
missione umanitaria in Congo per Francesco Barone. Il presidente
di 'Help Senza Confini' onlus, originario di Bussi sul Tirino
(Pescara) e docente all'Università dell'Aquila, anche questa
volta si lascia alle spalle una situazione delicata. "Ho
lavorato in campi profughi nella periferia di Goma - spiega - ci
sono migliaia di bambini, donne e uomini che si trovano in
condizione di estrema povertà. Sono persone costrette a fuggire
dalle proprie abitazioni a causa delle violenze e dei soprusi da
parte del gruppo ribelle M23 e da parte di altre milizie che
hanno come obiettivo l'accaparramento di risorse quali cobalto,
coltan, oro e diamanti".
Gli aiuti umanitari hanno interessato gli orfanotrofi Mama wa
wote e Flamme d'amour, le strutture sanitarie del Nord Kivu che
curano i bambini e gli adulti che vivono in condizioni di
povertà, il Centro Kwetu per quanto concerne i progetti di
scolarizzazione rivolti a circa mille bambini e bambine.
Inoltre, sono stati consegnati cibo e medicinali nei campi
profughi dell'hinterland di Goma.
"Ho assistito alla sofferenza di milioni di persone rifugiate
- aggiunge - proprio a partire dai campi profughi. Tante donne
sono state violentate. Tanti bambini rischiano di morire di
fame. La situazione è al collasso. Si sta rischiando una
catastrofe. La comunità internazionale deve farsi carico di
questo".
Un'azione umanitaria, quella del professor Barone, portata
avanti anche con un po' di ostentato ottimismo. "Per sperare che
le cose cambino - sottolinea - non si può che essere ottimisti.
Il cambiamento potrà esserci mettendo in atto interventi
concreti e non fermandosi alle dichiarazioni di intenti. Cibo,
acqua, istruzione, garanzia dei diritti, salute, lotta alla
corruzione, sono le parole chiave per favorire lo sviluppo di un
continente a lungo sfruttato". Oltre alla Repubblica Democratica
del Congo, Barone ha lavorato in Ruanda, Burundi, Senegal.
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