L'abruzzese Guido Cristini,
giovane e feroce presidente del Tribunale speciale per la difesa
dello Stato, il massimo organo della giustizia ingiusta del
regime mussoliniano, nella famigerata aula IV del Palazzaccio
romano, l'attuale sede della Corte di cassazione, contrapposto
all'anarchico americano di origine sarda Michele "Mike" Schirru,
tristemente passato alla storia del ventennio in orbace per
essere stato arrestato, processato, condannato e fucilato, il 29
maggio 1931, a Forte Braschi, solo per aver avuto l'intenzione
di uccidere il Duce. La storia diventa un piece teatrale in "Il
giudice nero", atto unico in sette scene, testo teatrale di Elsa
Flacco, pubblicato da Divergenze di Belgioioso di Pavia, nel
marzo scorso. Opera tratta da uno dei processi ricostruiti nel
saggio "Il Tribunale speciale e la presidenza di Guido Cristini
1928-1932", del giornalista Pablo Dell'Osa, edito da Mursia di
Milano nel 2017. Due gli appuntamenti, entrambi previsti per
sabato prossimo, 11 settembre. Il primo, alle 18, nel teatro
municipale di piazza Giuseppe Mazzini, ad Orsogna, cittadina del
socialista Pasquale Galliano Magno, l'avvocato di Giacomo
Matteotti nel macabro processo farsa di Chieti, dal 16 al 24
marzo 1926, bastonato a sangue proprio da Cristini. La seconda
rappresentazione sarà alle 21, nell'auditorium comunale di
piazza Alcide Cervi, a Guardiagrele, città natale di Cristini.
La produzione è della Compagnia dell'Elefante, di Pavia, fondata
nel 2019. Il prologo sarà di Franz di Maggio. Le musiche
originali saranno di Maurizio Colasanti. La regia sarà di Di
Maggio e di Lieselotte Zucca.
Quello dell'anarchico Schirru è un assassinio di fatto mai
passato dalla fase della teoria a quella della pratica.
Sedicente emulo di Bruto fatto fuori, a 32 anni, con una scarica
di piombo, come acerrimo nemico del Belpaese secondo la
sentenza, firmata proprio dal giudice nero Cristini, che
conteneva l'aberrante espressione: «Attentare alla vita di
Benito Mussolini significa attentare alla grandezza dell'Italia,
attentare all'umanità, perché il Duce appartiene all'umanità».
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