Ritorno al territorio. Fu uno dei
primi provvedimenti presi a marzo per contrastare la pandemia
quello di istituire presso le Aziende USL le Usca, ossia le
Unità Speciali di Continuità Assistenziale L'Abruzzo fu la
prima regione a dare il via all'esperimento di curare i malati
di covid a casa, per non intasare le strutture sanitarie. Con la
possibilità di creare squadre di 4 medici ogni 50 mila abitanti
al momento sono circa 100 i medici in servizio specialmente
nelle aree interne della Regione.
E le cose vanno bene. "È un'esperienza molto positiva: questi
giovani medici, a volte appena laureati, stanno dando un apporto
molto attivo nelle cure e controllo della pandemia. Non si sono
risparmiati, ci stanno mettendo l'anima, tanto che stiamo
pensando di aprire un'altra Usca nella provincia di Teramo".
Così Valerio Profeta, dirigente della Asl abruzzese esprime
l'apprezzamento per l'esperimento sanitario che è scattato in
Abruzzo, prima regione italiana a dare il via, lo scorso 20
marzo con l'approvazione dei decreti che ne sancivano la
nascita. Medici sul territorio per le cure domiciliari degli
ammalati di Covid, unità di intervento che dovrebbero evitare
l'affollamento delle strutture sanitarie. "Quando sarà finita
l'emergenza ce le terremo - prosegue con Profeta - magari
andando verso l'esperienza degli ambulatori infermieristici. Si
tratta di una risposta forte per le aree interne, anche se
abbiamo problemi a reperire infermieri, ma questo è un altro
discorso". Al momento in Abruzzo ci sono in servizio circa un
centinaio di medici Usca. "Stiamo anche assumendo delle unità
Oss perchè il carico di lavoro è enorme e serve anche una
risposta amministrativa", chiarisce Profeta.
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