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In evidenza
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EMANUELE TREVI, ''LA CASA DEL MAGO'' (PONTE ALLE GRAZIE, pp. 250 - 18,00 euro) - "Lo sai come è fatto" è il mantra che la madre ripete sempre a Emanuele a proposito del padre e di quel suo vivere spesso in un suo mondo, in quel retrobottega mentale di cui parla Montaigne, e così, dopo la pubblicazione di una conversazione col padre pubblicata col titolo Invasioni controllate, ecco che Emanuele Trevi tenta invasioni meno controllate, più apparentemente istintive, per indagare come fosse fatto questo personaggio, importante psicanalista junghiano morto nel 2011.
E come il padre amava raccogliere sassi e poi scartavetrarli lungamente per renderli lucidi e splendenti, animati da una luce interna che dà loro un senso, così l'autore è come fosse anche lui uno di quei sassi per arrivare a scoprire in sé quella luce, raccontando un percorso di sfregamento che si compirà bagnandosi sotto il Jet d'Eau di Ginevra. Senza contare che quello sfregamento è anche quello che l'artista, lo scrittore compie con le parole per arrivare a dar loro una senso.
Nasce così un memoire, che comunque riesce a divenire romanzo, a far vivere i personaggi come realtà letteraria e esemplare, metaforica, in cui finisce per andare alla ricerca di sé e delle proprie radici mettendosi sulle tracce del padre, il Mago del titolo, "misterioso e meraviglioso" e andando anche, d'impulso - realizzazione di "un oscuro disegno di cui mi sfuggivano sia la forma generale che i dettagli" - ad abitare in quello che era stato il suo studio, in cui arde ancora quanto vi hanno bruciato le anime dei pazienti.
Questa casa non la sentirà subito sua, anzi, se ne sentirà quasi succube, aperto ai suoi misteri, compreso una Visitatrice che, avendone le chiavi, gli lascia indizi misteriosi nottetempo, senza che lui trovi la forza di cambiare la serratura. È solo l'inizio di una serie di situazioni e persone, viste anche con una certa ironia, di cui sarà come dipendente e che segnano il suo percorso, dalla cosiddetta Degenerata, donna peruviana delle non pulizie, "castigo vivente" per la sua trasandatezza e che non riesce a licenziare, come poi di una sua parente, la procace Paradisa, sorta di prostituta dalla pelle che profuma di vaniglia con cui avrà una storia che vive di notti abbracciati, di programmi visti alla tv, affascinato dalla sua serenità contagiosa in assenza di qualsivoglia dialogo. A queste reali si aggiunge una certa identificazione con Miss Miller, la donna al centro del saggio di Jung Simboli della trasformazione che trova ricchissimo di minuziose notazioni di suo padre. E la narrazione procede tra avvenimenti personali e rimandi letterari e filosofici, ricerche e citazioni, che ne formano lo spessore, arricchendone la lettura.
Dopo che da bambino, per non perdersi tra le calli di Venezia si era attaccato alla cinta del trench del padre, scoprendo in seguito come si trattasse del trench sbagliato, di un perfetto sconosciuto, ecco che ora cerca l'aggancio giusto muovendosi nel museo degli oggetti del Mago per cercare di riuscire a non evitare più le sorprese della vita, ma a "fuggire all'interno di me stesso", perché ogni esperienza può farsi metafora e segnare un passaggio dall'esteriore all'interiore, come gli fa capire l'amico Toto, leggendogli il quadro astrale che alla sua nascita gli aveva realizzato Ernst Bernhard, altro grande Mago junghiano, maestro del padre.
La verità è che "solo ciò che accade due volte possiede un suo significato magico e arcano", come gli era stato spiegato dal padre, "perché noi non siamo né veri né falsi e la ripetizione è uno spiraglio, un indizio, la visione momentanea e inafferrabile di un assoluto". Forse per questo a tutti il destino impone di nascere una seconda volta, nel momento in cui quell'indizio che ha portato per anni in sé gli si rivelerà, come accade in questa vicenda all'autore, che si abbandona e mette in ascolto del suo intimo sentire. Del resto Due vite si intitola, anche se con altri rimandi, il racconto con cui Trevi ha vinto nel 2020 il Premio Strega e questo romanzo è un viaggio inziatico, come quelli cui aveva intitolato un suo volume di saggi di "percorsi, pellegrinaggi, riti e libri", che ha la propria forza proprio nella scrittura levigata sino a creare quel suono e quella distanza giusta per trasformare in letteratura, con la sua insondabile verità, un racconto personale, tra vita privata e universo culturale, tra presente e passato.
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