Dopo lunghi anni di disimpegno e di allontanamento da uno scacchiere che era stato strategico per decenni, Joe Biden ha, adesso, di nuovo messo questo angolo di mondo tra le priorità della sua strategia anti cinese.
Il vertice del G20 di New Delhi ha plasticamente messo in evidenza e confermato questa tendenza della politica estera di Washington. Sono due i punti da sottolineare. Il primo è il progetto di un nuovo collegamento navale e ferroviario tra l'India e il Medio Oriente, fino alle sponde del Mediterraneo.
Il secondo è la pressante richiesta americana al Fondo monetario internazionale (Fmi) e alla Banca mondiale per nuovi impegni finanziari verso l'Africa per contrastare la politica cinese con cui Pechino - attraverso prestiti apparentemente molto favorevoli - sta progressivamente allargando la sua influenza politica ed economica in Africa e nel Mediterraneo.
Biden ha deciso di intervenire dopo le mosse di Pechino e Mosca verso l'Arabia Saudita. Riad è divenuta un punto di riferimento imprescindibile per i nuovi equilibri geopolitici mediorientali. Pechino ha facilitato la ripresa del dialogo tra i sauditi e Teheran con una mossa i cui risultati concreti sono in realtà ancora tutti da valutare, ma che sicuramente ha creato forti apprensioni negli Usa e in Israele. La Russia ha invece promosso un avvicinamento tra l'Arabia Saudita e la Siria.
I rapporti tra Biden e il principe Mohammed bin Salman non sono dei migliori dopo le esplicite accuse del presidente americano per l'assassinio del giornalista Jamal Khashoggi nel consolato saudita di Istanbul. Ma gli interessi comuni in questo momento stanno prevalendo e l'errore tattico del presidente cinese Xi - che non si è presentato al G20 indiano - sta favorendo un riavvicinamento concreto tra Washington e Riad, complice anche l'India di Narendra Modi.
Il progetto di un nuovo corridoio commerciale che parte dall'India per arrivare fino all'Europa potrebbe avere tre conseguenze dirette fondamentali per gli Usa: togliere l'India dal fronte anti occidentale che Pechino vorrebbe costruire intorno al 'Grande Sud', creare un'alternativa commerciale concreta alla 'Via della Seta', coinvolgere l'Arabia Saudita in un progetto che inevitabilmente creerebbe un nuovo dialogo con Israele (sulla strada degli accordi di Abramo) allontanando così Riad dalle sirene cinesi e iraniane.
Quest'ultimo è il punto centrale per Washington per arginare e controbattere alle mire di Pechino in un Medio Oriente che sta diventando centrale nella nuova sfida strategica tra Usa e Cina e che vede altri fronti in Asia, Africa e Ucraina.
Ma la strategia americana va sul lungo periodo e vuole rompere l'abbraccio tra Pechino e molti Paesi africani e mediterranei. Fmi e Banca Mondiale dovranno, nell'ottica di Washington, concedere prestiti a condizioni più favorevoli di quelle di Pechino e, naturalmente, senza quei condizionamenti legali che, di fatto, rendono molti Paesi dell'area vassalli della Cina.
Il ritorno in forze degli Usa nel Medio Oriente è una della tante conseguenze della guerra in Ucraina e degli sconvolgimenti geopolitici, della costruzione di nuove alleanze per un nuovo ordine mondiale che si sta disegnando progressivamente in questi anni. Il 'ritiro' Usa dalla regione andava avanti da molti anni ed era stato portato avanti da diversi presidenti semplicemente perché gli Usa non avevano più bisogno del petrolio dei Paesi del Golfo essendo diventati produttori di energia, grazie alle nuove tecnologie di estrazione.
Adesso il 'pericolo' del rafforzamento dell'influenza di Pechino (e di Mosca) in questa zona del mondo ha portato Biden a una netta inversione di marcia. E alla costruzione di una politica estera americana completamente diversa di fronte alle grandi sfide di questi anni che stanno velocemente cambiando il mondo sotto i nostri occhi. (ANSAmed).
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