La curva dei contagi rallenta in
Veneto, dove oggi si registrano 490 casi positivi in più, ma la
vera emergenza si sposta sul sistema ospedaliero, perchè
ricoveri e terapie intensive continuano a crescere. Anche
secondo il governatore Luca Zaia è questa la sfida: evitare che
i nuovi malati Covid salgano oltre la soglia di sostenibilità
del sistema, per non bloccare tutte le altre cure. "Le cure le
sappiamo fare, il 95% dei contagiati è asintomatico - ha detto
oggi Zaia, presentando il nuovo piano regionale di sanità
pubblica - ma non possiamo cantar vittoria; se la roulette russa
ci risparmia; dobbiamo capire che l'emergenza è l'impossibilità
di curare i cittadini. Il problema è riempire gli ospedali, e la
paralisi non la voglio". Una scenario che non è vicino, però
oggi il Veneto conta nei reparti non critici 537 i degenti
(+41), e nelle terapie intensive, 61 (+9), dei quali 50
positivi.. E proprio parlando del nuovo piano di sanità per la
lotta al Covid - che non prevede la costruzione di nuovi
ospedali,ma di arrivare a 1.000 posti di terapia intensiva in
quelli esistenti - l'assessore alla sanità, Manuela Lanzanin, ha
sottolineato che si tratta "di un piano ospedaliero. Altre
iniziative dettate da altri numeri, su cui c'è un dialogo a
livello nazionale, sono un'altra partita". Ed ha assicurato che
"oggi in Veneto all'orizzonte non c'è nessun pensiero di
lockdown o di coprifuoco". "Questo - ha aggiunto - è un piano di
sicurezza passiva di fronte al numero di malati che cresce,
mentre le decisioni su lockdown sono di sicurezza attiva.
Intanto dal professor Andrea Crisanti, direttore di
Microbiologia dell'Università di Padova, arriva una fosca
previsione: "Convivere col virus - spiega - significa portarlo
al livelli trasmissione bassa in modo da mantenere una qualità
di vita decente e portare avanti l'economia. Si fa solo
interrompendo le catene di trasmissioni, ma con 10-12.000 casi
al giorno nessun sistema è in grado di farlo"
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