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Popolare Vicenza, chiuse le indagini per Zonin e altri sette

Depositato avviso, contestati aggiotaggio e ostacolo a vigilanza

E' stato depositato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari riguardante l'inchiesta sulla Banca Popolare di Vicenza aperta dalla procura berica. Nell'atto risultano indagate sette persone, tra le quali l'ex presidente della Popolare vicentina Giovanni Zonin e l'ex direttore generale Samuele Sorato, oltre che la stessa banca. Tra le ipotesi indicate l'aggiotaggio e l'ostacolo all'esercizio nelle attività di vigilanza. Il procuratore della Repubblica reggente di Vicenza, Orietta Canova ha rilevato che seguirà "in un lasso di tempo contenuto, che si confida non superiore ad alcuni mesi, la conclusione delle indagini preliminari in relazione a capi d'imputazione residuali, auspicabilmente in tempo utile per riunirne la trattazione. Le ipotesi di bancarotta connesse con la liquidazione coatta amministrativa della Banca appartengono ad una futura analisi di consistenza del reato e, dunque, ad eventuali separate iniziative". La Procura di Vicenza ha chiuso le indagini nei confronti dell'ex presidente della Popolare di Vicenza, Gianni Zonin, dell'ex a.d e dg, Samuele Sorato e di altre cinque ex esponenti della banca anche in relazione all'ipotesi di reato di falso in prospetto, oltre che per i reati di aggiotaggio e ostacolo all'attività di vigilanza. Lo si legge nell'atto di chiusura indagini. Per questa fattispecie di reato non risulta indagata la banca in liquidazione.

L'avviso di conclusione indagini è stato notificato, oltre che all'ex presidente, Gianni Zonin, e all'ex a.d e dg, Samuele Sorato, anche all'ex consigliere, Giuseppe Zigliotto, all'ex vice Dg responsabile della divisione mercati, Emanuele Giustini, dell'ex vice Dg dell'area finanza, Andrea Piazzetta, all'ex vice Dg della divisione crediti, Paolo Marin, e al dirigente proposto alla redazione dei documenti contabili, Massimiliano Pellegrini. I sette ex dirigenti della banca sono indagati per ostacolo all'attività di vigilanza, aggiotaggio e falso in prospetto. Per i primi due reati viene chiamata in causa anche la banca in liquidazione, indagata in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti. Per quanto riguarda l'aggiotaggio agli indagati viene contestato di aver diffuso "notizie false" e posto in essere "operazioni simulate ed altri artifici, concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione delle azioni Bpvi" e "ad incidere in modo significativo sull'affidamento riposto dal pubblico nella stabilità patrimoniale" della banca. Sotto accusa la prassi dei finanziamenti concessi ai clienti per la sottoscrizione delle azioni emesse dalla banca "per un controvalore complessivo di circa 963 milioni di euro", spesso accompagnati dall'impegno al riacquisto delle azioni, senza aver iscritto al passivo dello stato patrimoniale un'analoga riserva indisponibile per il 'finanziamento' del proprio capitale. Una prassi non comunicata al mercato, destinatario dunque di "notizie fase", veicolate nei bilanci e nei comunicati stampa, in merito alla "reale entità del patrimonio" e della "solidità" della banca, nonché alla "crescita progressiva della compagine sociale" e "al buon esito delle operazioni di aumento di capitale del 2013 e del 2014". L'accusa di ostacolo all'attività di vigilanza deriva invece dall'aver nascosto alla Banca d'Italia l'esistenza di finanziamenti a terzi per acquistare azioni Bpvi e di lettere di impegno al riacquisto delle azioni, nonché dall'aver comunicato in più occasioni un patrimonio di vigilanza superiore a quello reale, fino a un massimo di 963 milioni di euro, oltre all'aver taciuto una serie di comunicazioni sul capitale 'finanziato'. Infine il falso in prospetto è legato ai documenti per gli aumenti di capitale del 2013 e del 2014 in cui, occultando il fenomeno del capitale finanziato, non si dava conto della reale situazione patrimoniale della banca né della reale liquidità del titolo.
   

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