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Giovane violentata, 10 anni al marito

Pm, 'dietro minaccia di essere denunciata come irregolare'

Accogliendo la richiesta del pm Luca Ceccanti, il tribunale collegiale di Aosta ha condannato a 10 anni di reclusione un cittadino nigeriano di 31 anni, accusato di violenza sessuale e maltrattamenti ai danni della moglie sua connazionale, all'epoca diciannovenne, per la quale è stato disposto un risarcimento di 10 mila euro. In base alle indagini, dietro la minaccia di denunciarla alla questura e di farla tornare in Nigeria, la costringeva a ripetuti rapporti, anche quotidiani, nonostante lei esprimesse il suo dissenso, in alcuni casi piangendo. Inoltre, sempre in base all'inchiesta, la colpiva con calci e schiaffi e, quando si rifiutava di avere rapporti, le sbatteva anche la testa contro la parete. I fatti risalgono al settembre e all'ottobre del 2016, in due appartamenti di Nus e Verres. "Lei ci aveva detto - ha riferito in aula una poliziotta - che non era d'accordo con le nozze, indotte dalla famiglia. Era arrivata a Roma, in un centro per migranti, ma si era allontanata prima di completare pratica".

La vicenda era emersa nel gennaio 2017, dopo che la vittima era stata inserita in una struttura protetta.
"Una volta - ha raccontato ai giudici un testimone, amico dell'imputato, che ospitava la coppia a Nus - li ho visti che litigavano. Lui la picchiava tanto, li ho separati. Si era arrabbiato, le dava manate in faccia, anche pugni. La ragazza piangeva e lui le diceva di stare zitta. Ho visto scene del genere tre volte. Poi l'ho mandato fuori casa, perché non volevo la picchiasse, e lui ha tentato di rientrare. Il motivo delle botte? Lei non accettava di stare con lui, che diceva di averla portata dall'Africa e quindi doveva stare con lei". L'avvocato difensore, Orlando Navarra, ha puntato a riqualificare nel reato di maltrattamenti in famiglia gli episodi di presunta violenza sessuale, descrivendo come "inattendibile" la persona offesa, in base a "elementi oggettivi delle deposizioni". La vittima - assente in aula, come l'imputato - era assistita dall'avvocato Veronica Menegatti. Il collegio era presieduto da Eugenio Gramola (giudici a latere Marco Tornatore e Maurizio D'Abrusco).
   

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