Vittoria Sioux, stop a oleodotto in North Dakota

Amministrazione Obama chiede di studiare percorsi alternativi. Ma Trump non ci sta, "spetta a me decidere

Redazione ANSA

Il capo tribu' Tokala Ohitika, volpe coraggiosa (al secolo Dave Archambault II) intona l'urlo della vittoria. I Sioux, dopo mesi di proteste, ce l'hanno fatta: l'oleodotto in North Dakota e' stato bloccato dall'amministrazione Obama. Un trionfo non scontato contro uno dei colossi texani dell'energia. Ma neanche il tempo di festeggiare che gia' donne e uomini della riserva di Standing Rock si preparano a una nuova dura battaglia: quella contro "il generale Trump". Perche' il presidente eletto non ci sta, e fa sapere che l'ultima parola sara' la sua, dopo che si insediera' alla Casa Bianca il 20 gennaio. Per questo tantissimi tra i nativi americani che per settimane e settimane sono rimasti accampati sulle pianure attraversate dal fiume Missouri, scontrandosi piu' di una volta con le forze dell'ordine, non vogliono mollare la posizione. Vogliono restare nelle loro tende e nei loro caravan nonostante il rigido inverno sulle sponde del lago Oahe sia gia' iniziato. E' proprio sotto quel lago che la Dakota Access, societa' del gruppo di Dallas Energy Transfer Partners, vorrebbe far passare l'oleodotto, col rischio di inquinare le falde acquifere a meno di un chilometro dalla riserva. "Mni Wiconi", l'acqua e' la vita, e' stata la parola d'ordine della battaglia per ora vinta dai nativi. Vinta grazie a un alleato come Barack Obama, che alcune settimane fa ha fermato i lavori, chiedendo ulteriori verifiche sull'impatto ambientale dell'opera. Ora e' arrivato il verdetto del Genio militare: il percorso dell'oleodotto e' bocciato. Troppi rischi, bisogna studiare percorsi alternativi. In passato il numero uno della Energy Transfer e' stato chiaro: "Non se ne parla proprio, non abbiamo alcuna intenzione di cambiare programmi". Di qui il lungo braccio di ferro con l'amministrazione federale e con le autorita' locali, perche' lo stop ora puo' significare fermare tutto per mesi, se non per anni. Proprio quando il Dakota Access era quasi terminato. Lungo quasi duemila chilometri, parte dai campi del Nord Dakota e arriva fino a un terminal in Illinois, passando per il South Dakota e l'Iowa. Ad opera ultimata avra' una capacita' massima di 550 mila barili di greggio al giorno. Gli interessi dietro questa infrastruttura, su cui sono stati investiti 3,7 miliardi di dollari, sono dunque enormi. La stessa famiglia Trump avrebbe ancora una partecipazione nella Energy Transfer Partners, seppur ridotta rispetto a qualche anno fa quando la cifra ammontava tra 500 mila e un milione di dollari. Di certo Trump possiede oggi azioni per 100-250 mila dollari nella Philips 66, che detiene il 25% della Dakota Access. Anche qui, dunque, potrebbe profilarsi un conflitto di interessi, nel momento in cui la nuova amministrazione Usa dovra' decidere sulle sorti del controverso progetto. Intanto gli ambientalisti esultano insieme ai nativi. Ed esulta anche l'ex candidato alla Casa Bianca Bernie Sanders, fin dalla prima ora al fianco dei Sioux: "Nel 2016 non si possono continuare a calpestare i diritti e la sovranita' dei nativi. E non si puo' continuare ad essere dipendenti da combustibili fossili". Trump pero' non sembra pensarla cosi'.

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