Un nero musulmano per risorgere dopo Hillary

Redazione ANSA

Per risorgere dalle ceneri di una cocente sconfitta, tra i Democratici si leva una sfida audace e rischiosa, vista l'aria che tira in Usa: eleggere dopo il primo nero alla Casa Bianca il primo musulmano alla guida del partito, offrendo un facile bersaglio a repubblicani, che lo hanno già preso di mira in passato. Si tratta dell'afroamericano Keith Ellison, 53 anni, del Minnesota, divorziato con quattro figli, al quinto mandato al Congresso, dove è stato anche il primo deputato di fede islamica. Un volto giovane, abile oratore, efficace nei dibattiti in tv come in parlamento, un simbolo del multiculturalismo, della multietnicità. Probabilmente annuncerà la sua candidatura domani, ma ha già l'endorsement del prossimo leader della minoranza dem al Senato, Chuck Schumer, nonché l'appoggio dei senatori Bernie Sanders (di cui è stato un 'surrogato' durante le primarie) ed Elisabeth Warren, le due icone dell'ala liberal del partito. Lo sostengono anche altri parlamentari dem che credono nella sua energia per rivitalizzare il partito. Una petizione online a suo favore è già stata sottoscritta da oltre 8000 persone. Nato a Detroit in una famiglia impegnata nelle lotte per i diritti civili, è cresciuto nella fede cattolica ma poi all'università si è convertito: "Quando ho guardato alla mia vita spirituale e cercato quello che poteva aiutare i cambiamenti sociali, la giustizia nella società, ho trovato l'Islam", ha spiegato in un'intervista del 2011. Dopo la laurea in legge, è diventato attivista nelle comunità locali fino ad approdare al Congresso, dove ha lavorato nel settore esteri e poi in quello finanziario, ma senza 'ammanicarsi' con Wall Street: i suoi più grandi sostenitori provengono dai sindacati e dagli operatori sanitari. Oppositore della guerra in Iraq, fautore della fine dell'intervento in Afghanistan, Ellison ha sostenuto molte battaglie progressiste, comprese quelle di Sanders. E' stato tra i pochi democratici a prendere sul serio, sin dal luglio 2015, il rischio di una vittoria di Donald Trump, quando nessuno scommetteva su di lui. Nella corsa verso la presidenza del comitato del partito democratico (Dnc), prevista non prima di marzo, avrà altri avversari. Il principale sembra l'ex governatore del Vermont, Howard Dean, che ha ricoperto la stessa carica dal 2005 al 2009 e gli ha già lanciato una frecciata: "Mi piace Keith, è una brava persona ma c'è un problema. Non puoi fare questo lavoro e fare il deputato nello stesso tempo". Se dovesse vincere, si profilano due rischi. Il primo è quello di 'laburistizzare' il partito. Il secondo è quello di diventare facile preda degli attacchi repubblicani, palesatisi sin dalla sua prima candidatura come deputato nel 2006, per aver aiutato dieci anni prima una delegazione della Nazione dell'Islam e del suo leader, Louis Raffakhan, ritenuti antisemiti, e per aver giurato su un Corano tradotto in inglese che apparteneva a Thomas Jefferson. L'Isis lo ha minacciato di morte, mettendolo nella lista degli "apostati politicamente attivi".

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