'Not My President', rabbia sotto la Trump Tower

Anche Cher tra la folla, il tycoon assediato ai piani alti

Alessandra Baldini

C'è anche la leggendaria Cher ai piedi della Trump Tower che si dà da fare gridando slogan e abbracciando manifestanti: "I am here to support them", son qui per appoggiarli, dice all'ANSA la settantenne cantante del duo pop Sonny and Cher mischiandosi alle circa ottomila persone partite poco dopo le venti da Union Square e da Columbus Circle per convergere sulla Quinta all'altezza della 56esima. Camion della spazzatura usati come barriere protettive circondano l'ingresso del grattacielo.

Una foschia sottile avvolge la cima della torre, cinta d'assedio dai manifestanti. Sul trono damascato Luigi XV, scelto dal designer dei vip Angelo Donghia che ha decorato il suo superattico, il tycoon presidente-eletto avrà scelto di guardare verso Central Park, non verso sud e verso il fiume umano che ha invaso la "sua" Fifth Avenue arrampicandosi su impalcature e semafori per meglio farsi sentire. "Not my president", "New York odia Trump", "F..k Trump", gli slogan scanditi a squarciagola da migliaia di persone, giovani e giovanissimi ma non solamente. "Marciare e gridare è stato catartico", spiega una ragazza laureata a Columbia: "E' in gioco il nostro futuro. Come per voi, quando marciavate contro il Vietnam".

Ai piedi della Trump Tower il popolo di Bernie Sanders si è stretto al popolo di Hillary, dimenticando per una sera l'interrogativo: cosa sarebbe successo se fosse stato il senatore del Vermont e non l'ex segretario di Stato a guidare la sfida democratica contro Trump? "Losers", perdenti, sibila un sessantenne in giacca e cravatta che cerca di farsi largo tra la folla dei manifestanti. "Hillary ha avuto più voti di lui", lo contesta un ragazzo. "Ignoranti", si sente rispondere: "Non sapete cos'è il collegio elettorale?".

Una studentessa di Barnard, il braccio femminile di Columbia, innalza un cartello rosa, "Pussy power", a caratteri cubitali, mentre altre gridano "giù le mani dalla mia pussy". Bandiere arcobaleno, simbolo del movimento gay, "F##k your tower", "F##k your wall", il muro che lui vorrebbe costruire al confine con il Messico. Gli slogan salgono verso i piani alti della torre perdendosi nella nebbia, mentre una 'pentolaccia' con l'effige di Trump viene presa a ombrellate e perde presto una gamba.

Qualcuno brucia una bandiera a stelle e strisce. Fuori dal Trump International Hotel a Columbus Circle la polizia aveva fatto una quindicina di arresti per intralcio al traffico, un'altra cinquantina di manifestanti sono stati fermati verso la fine della serata, ma la protesta è stata sempre pacifica. Emanuel Perez, messicano del Bronx e uno dei molti lavoratori di ristoranti di Manhattan che ancora in uniforme da lavoro si sono uniti alla marcia, confida la sua paura: "Quanti bambini verranno separati dalle loro famiglie?".

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