Hillary ha scelto. Tim Kaine il suo vice

Redazione ANSA

Hillary Clinton ha scelto il senatore della Virginia Timothy Kaine come candidato vicepresidente. Lo ha reso noto la campagna della ex first lady. Fra poche ore in Florida la presentazione ufficiale del ticket democratico per la Casa BiancaTutto come previsto, dunque, visto che Tim Kaine era dato da tutti gli osservatori in pole position nelle ultime settimane. ''Sono entusiasta di annunciare il mio candidato vicepresidente, un uomo che ha dedicato la sua vita a lottare per gli altri'', scrive la Clinton sul suo profilo Twitter. "Kaine - aggiunge - e' un inguaribile ottimista convinto che non ci sia un problema che non possa essere risolto se ci si impegna a fondo''.

Il senatore della Virginia ha battuto nelle ultime ore la concorrenza di Thomas Perez, attuale ministro del lavoro, del senatore Cory Booker, che sarebbe stato il primo candidato afroamericano alla vicepresidenza, e l'ex ammiraglio James Stavridis, che e' stato a capo del comando supremo della Nato. Politico molto popolare, considerato un pragmatico e un mediatore, Kaine e' stato ex governatore della Virginia prima di essere eletto senatore nello stesso stato. Uno stato importante in vista delle elezioni, perche' da sempre in bilico tra democratici e repubblicani. Dunque stato chiave per la vittoria finale.

La scelta di Kaine pero'  potrebbe creare qualche problema a Hillary, anche a Filadelfia, dove la parola d'ordine sara' serrare i ranghi del partito per scongiurare l'elezione di Trump. Kaine non e' ben visto dall'ala liberal del partito che, dopo la travolgente campagna elettorale compiuta dal 'socialista' Bernie Sanders, sperava in un ticket in cui la Clinton venisse affiancata da una personalita' piu' progressista: come la senatrice Elizabeth Warren, icona della sinistra democratica per le sue battaglie contro i privilegi e gli abusi di Wall Street. Kaine, inoltre, fa storcere il naso ai molti che non condividono le sue posizioni a favore del libero commercio e degli accordi di libero scambio con Asia ed Europa. Accordi che per i detrattori farebbero perdere tantissimi posti di lavoro in America favorendo solo le multinazionali.

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