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David Byrne "perfetto" a Umbria Jazz

David Byrne "perfetto" a Umbria Jazz

Musica prima di tutto ma poi coreografia, idee e parole

PERUGIA, 21 luglio 2018, 14:49

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(di Danilo Nardoni) Uno dei migliori David Byrne di sempre, ieri sera a Umbria jazz. Per un concerto indimenticabile. Poteva essere utopico riuscire ad assistere ad uno spettacolo perfetto. Il mondo musicale e artistico di Byrne prende invece le sembianze di una "Utopia" ("American Utopia" è il titolo del suo ultimo lavoro), realizzabile.
    Fondatore dei Talking Heads nel 1974 (dal 1981 poi ha avviato una intensa carriera solista), creatore della Luaka Bop grazie alla sua passione per la world music, produttore discografico, fotografo, regista, autore, musicista (iscritto nel 2002 nella Rock & roll Hall of Fame) ed infine artista, David Byrne è un talento multiforme ed in continua evoluzione. Continua infatti a sperimentare, rischiare, evolversi. Continua a fare musica con la testa.
    Ed è proprio un modello di cervello umano che il musicista tiene in mano ad inizio serata quando appare sul palco seduto davanti ad un tavolino. Poi attacca con "Here" e sembra venire da un'altra dimensione spazio-temporale ma con i piedi ben piantati a terra. E proprio a piedi nudi sono tutti gli altri undici sul palco con lui: strumenti a tracolla (tamburi e percussioni a farla da padroni), tra banda di paese, street band americana e gruppo di samba brasiliano, per dare spazio anche a coreografie.
    Per Umbria Jazz va in scena una perfezione di spettacolo, fisico (quasi come "Stop making sense", tour famosissimo dei Talking Heads) e teatrale, uno show completo: musica prima di tutto ma poi coreografia, idee e parole. Il palco è un set completamente vuoto, grigio come gli abiti dei protagonisti, delimitato da fili a cascata come una sorta di tenda.
    "Once in a lifetime" spezza lo show in due, diviso così in una prima e un dopo, passando da un inizio in cui sembrava di assistere a teatro ad uno spettacolo di Bob Wilson, ad una seconda parte con sul palco una rockstar degli anni Tremila. È Byrne a dare l'ok alla security ("let them dance"): il pubblico si alza dalle sedie e corre sotto palco.
    Oltre che i brani dell'ultimo disco "American Utopia", Byrne propone per la gioia dei fan molti pezzi del repertorio delle "teste parlanti", band sperimentale e d'avanguardia che ha rappresentato una delle colonne portanti della new wave americana. Dopo "Once in a lifetime" ci sono infatti anche "I Zimbra", "Slippery people", "This must be the place (Naive Melody)", "Blind", "Burning down the house" con cui chiude lo spettacolo prima di ripresentarsi per i bis "Dancing Together" e "The Great Curve". Il finale è con una cover: "Hell you talmbout", inno di Janelle Monàe del 2015 che elenca nel testo i nomi di giovani afroamericani vittime di razzismo e di scontri con le forze dell'ordine americane.
    Multiculturalismo e impegno politico entrano nello show, come quando prima di "Everybody's coming to my house" l'americano, di origini scozzesi, invita gli americani a registrarsi per votare e a tutti di esercitare questo diritto sempre "anche nelle elezioni più piccole". Gli altri brani: "Lazy", "I should watch tv", "Dog's mind", "Doing the right thing", "Toe Jam", "Born under punches (The heat goes on)", "I dance like this", "Bullet", "Every day is a miracle", "Like humans do". Tutto però risulta imprevedibile anche per canzoni e suoni che si conoscono alla perfezione.
    La giornata di Byrne era iniziata a Perugia con una passeggiata in bicicletta per le vie della città (dove era già stato in passato per i due precedenti concerti nel 1992 e nel 1998), non facilissime da percorrere con i loro sali-scendi.
    A 65 anni allora cosa ci si può aspettare da un "giovane" come lui? Solo una cosa, ovvero un futuro radioso, per il bene dell'arte e per il bene della storia della musica contemporanea.
   
   

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