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Umbria jazz ai piedi di Clementine

Umbria jazz ai piedi di Clementine

Canta Caruso di Dalla e chiama il pubblico sotto il palco

PERUGIA, 19 luglio 2018, 17:12

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(di Danilo Nardoni) Quando Benjamin Clementine intona, quasi sul finale, una versione di "Caruso" di Lucio Dalla, invitando tutti a cantare con lui, il pubblico è raccolto sotto ai suoi piedi. In senso figurato, ma anche fisicamente, visto che solo dopo i primi tre brani il musicista e cantante londinese chiama tutti a raccolta sotto il palco di Umbria Jazz.
    Anche quelli della gradinata raggiungono la platea dell'Arena per partecipare ancora più fisicamente ad un live intenso e molto teatrale, per una delle notti migliori di questa 45/a edizione del festival e sicuramente tra quelle più belle degli ultimi anni.
    Colpisce e sorprende infatti anche l'altra giovane voce, quella di Somi, che in apertura di serata ha impreziosito il festival con colori, ritmo e note mettendo in evidenza una sorta di "new african jazz" delicato e sostenuto allo stesso tempo. Da ricordare, insomma, il doppio concerto di ieri sera andato in scena sul main stage, tra quelli finora con minori presenze ma dalla più alta intensità ed emotività.
    L'eclettico Clementine, pianista e multistrumentista, songwriter e poeta ed uno dei protagonisti di primo piano della nuova scena musicale internazionale, conferma tutte le sue qualità con voce tenorile di grande espressività e stile unico a contraddistinguere la sua musica, un mix di sonorità "black" naturalmente, ma anche con molti richiami al glam inglese "bianco". Artista raro, imprevedibile. Certamente uno dei più originali e carismatici della sua generazione. Canta quello che dice, dice quello che sente e sente quello che suona. Guarda la sostanza e non ama gli effetti speciali.
    La teatralità, però, quella sì. Un "animale" si è definito lui stesso in passato. Da palco si potrebbe aggiungere. Quando Clementine, trentenne, ha danzato circondato dal fumo della smoke machine intorno al gruppo di manichini nudi piazzati sul palco (tutti gli strumenti poi, oltre al suo piano anche il basso di Axel Ekerman e la batteria di Alexis Bossard sono rivolti verso i fantocci di plastica) pareva assistere ad una specie di rituale. La capacità di coinvolgere il pubblico arriva sicuramente dal suo passato a Parigi come artista di strada. In piedi e al massimo appoggiato ad uno sgabello, suona contemporaneamente piano e tastiera, quest'ultima posizionata sopra lo stesso strumento, e non si dichiara poi "a jazz player", scherzando al pianoforte su cui accenna note a raffica, ma amante delle "Italian songs".
    Sul palco, però, improvvisa e molto con uno show quindi davvero unico. Li mette quasi tutti in fila però i suoi brani più interessanti e suggestivi come "One awkward fish", "Condolence", "I won't complain" e "Cornerstone".
    A sorprendere il pubblico è anche l'altra voce, per la prima volta pure questa a Umbria Jazz. Somi, originaria dell'Illinois ma da tempo stabilitasi ad Harlem, attinge da pezzi che arrivano da "Petite Afrique", l'ultimo album pubblicato nel 2017, e da "The Lagos music salon" del 2014. La voce dell'americana e il sound della sua band sinergicamente offrono un innesto tra jazz e sonorità africane non comune.
   

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