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Naufragio 2015, in Trentino arrivarono 40 superstiti

Naufragio 2015, in Trentino arrivarono 40 superstiti

(v. 'Naufragio 2015, recuperato relitto...' delle 11.55 circa)

TRENTO, 29 giugno 2016, 12:06

Redazione ANSA

ANSACheck

Furono quaranta i profughi giunti ad aprile 2015 in Trentino dopo il naufragio di un peschereccio nel Mediterraneo che fece contare 700 morti. Vennero accolti nel campo della protezione civile di Marco di Rovereto, dopo avere visto morire le centinaia di altri migranti con cui viaggiavano, al largo della costa della Libia.
    Nelle parole dei sopravvissuti ci fu il racconto della tragedia in mare, riferito in una nota della Provincia di Trento. Il dramma in pochi secondi: l'acqua imbarcata e il sovraffollamento: raccontarono del doppio di persone a bordo rispetto alla capienza. "Numerosi profughi, fra i quali molte donne, viaggiavano anche nel vano motore - venne spiegato - e fecero capovolgere lo scafo. In acqua, le tante donne e i tanti bambini, mogli, figli, persero la vita davanti ai loro occhi". La loro sofferenza, a quanto spiegava ancora la nota della Provincia, "era cominciata già in Libia, dove i trafficanti e le milizie avevano rinchiuso i migranti in un magazzino, lasciandoli senza cibo. Chi si rifiutava di entrare veniva freddato dai proiettili degli aguzzini. Il prezzo: mille dollari a persona e partenza di notte, navigando a vista".
    Gli operatori del Cinformi (Centro informativo per l'immigrazione della Provincia) e per la protezione civile a Marco (medici e psicologi volontari della Croce Rossa e degli Psicologi per i Popoli e operatori del Centro Astalli, Punto d'Approdo e cooperativa Mircoop), che li accolsero in Trentino, spiegarono: "Sono persone che hanno vissuto una tragedia di vaste proporzioni. Si sono salvate dalle acque del Mediterraneo, ma molte di loro in mare hanno perso familiari, amici e compagni di viaggio. Sono, peraltro, migranti che già presentavano, ancora prima di partire, una particolare fragilità: hanno subito guerre, violenze e persecuzioni. Sono arrivati qui fra l'altro senza scarpe e con i soli vestiti che avevano addosso ma, soprattutto, senza più la forza anche solo di accennare un sorriso. Mai come in questo caso dobbiamo garantire loro non solo la massima protezione, ma cercare anche di creare le condizioni per una permanenza il più serena possibile nella nostra comunità".
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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