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Sangue infetto: ministero e Toscana dovranno risarcire 1 mln

A parenti contagiato epatite dopo intervento ospedale Pisa

(ANSA) - FIRENZE, 27 MAG - Un milione di euro di risarcimento, oltre agli interessi, perché il loro congiunto contrasse un'infezione da Hcv, epatite C, a causa di una trasfusione con sangue infetto durante un intervento in ospedale a Pisa. E' quanto ha riconosciuto il tribunale di Firenze condannando, in primo grado, ministero della Salute e anche Regione Toscana e Gestione liquidatoria della Usl 12 di Pisa a pagare in solido il danno non patrimoniale iure proprio alla moglie e ai due figli del paziente, e poi Regione e Gestione liquidatoria della Usl 12 a risarcire anche il danno non patrimoniale iure hereditario (danno biologico terminale e danno catastrofale patiti dal paziente e rivendicati dagli eredi) sempre in favore dei tre congiunti dell'uomo. A rendere nota la sentenza, depositata il 24 maggio, gli avvocati Pietro Frisani e Emanuela Rosanò, legali di moglie e figli del paziente contagiato, deceduto nel 2010 a 70 anni in seguito a una cirrosi. L'uomo, nel 1986, subì un intervento cardiochirugico in occasione del quale fu sottoposto a trasfusione di sangue. Nel 2001 i primi sintomi dell'Hcv. Tre anni più tardi il Centro di medicina legale di Firenze, nel corso della procedura per la richiesta di indennizzo poi ottenuto, riconobbe il nesso di causalità tra la trasfusione a cui l'uomo era stato sottoposto e l'epatite C contratta.

Il tribunale ha ritenuto sussistenti le responsabilità colpose del ministero "ex art 2043 c.c. per omesso controllo e vigilanza" e di Regione e Gestione liquidatoria "per inadempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto di spedalità". Proprio il coinvolgimento anche di Regione e Gestione liquidatoria, rilevano i legali, caratterizza la sentenza: solitamente i risarcimenti vengono avanzati solo nei confronti del ministero. Ma per il tribunale "siamo di fronte a un caso in cui l'evento dannoso è stato causato da due diverse condotte, la prima, del ministero che è venuto meno ai propri obblighi di vigilanza e, la seconda, addebitabile alla ex Usl 12 di Pisa che ha omesso di eseguire i necessari controlli sull'adeguatezza dei prodotti emoderivati utilizzati" per la trasfusione. Dagli accertamenti emerse il sangue trasfuso al paziente proveniva da 9 donatori, tre dei quali non rintracciabili, rendendo così impossibile conoscere il loro "profilo virologico".

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