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Capo unità crisi: Schettino voleva mentire con blackout

'Comandante non mi disse mai: 'Decidi te'

"Non ho lasciato a Francesco Schettino la responsabilità" di gestire l'emergenza del naufragio al Giglio "ma gli lasciai autonomia" di agire e comunque "da lui non ho mai ricevuto una richiesta di prendere io da Genova le decisioni. E' paradossale che ora dica di esser stato lasciato solo dalla compagnia". Così il capo dell'unità di crisi di Costa Crociere Roberto Ferrarini, testimoniando al processo di Grosseto, ha commentato alcune dichiarazioni, riportate dal pm oggi in aula, fatte da Schettino nella causa di lavoro che lo oppone a Costa spa in cui ha detto di esser stato lasciato solo nelle fasi del naufragio.

Ferrarini risponde alle domande del pm Leopizzi che, interrogandolo, tenta di ricostruire le comunicazioni fra l'unità di crisi e Schettino, fra la nave e le capitanerie di porto, fra Costa spa e le stesse capitanerie. "Il comandante Schettino - ha anche detto Ferrarini - mi disse di essere in contatto con la capitaneria di porto, quindi per me l'autorità marittima era già stata informata da lui".

"Lei l'ha mai pronunciata la frase 'Ci mangiano la nave', riportata da Francesco Schettino, quando le chiese di far intervenire rimorchiatori per la Costa Concordia?". "No, lo escludo". Ferrarini ha smentito così il comandante della Concordia Francesco Schettino rispondendo a una domanda del pm Alessandro Leopizzi. Il pm voleva capire se nell'emergenza erano emerse valutazioni di carattere economico-finanziario circa i costi che la compagnia avrebbe dovuto sostenere in caso di intervento di rimorchiatori, un'esigenza manifestata dallo stesso Schettino nei momenti del naufragio, ancora convinto di portare la Concordia a un ancoraggio.

Il pm ha riportato affermazioni fatte da Schettino nella causa di lavoro che lo oppone a Costa spa: Schettino in quella causa disse di aver "palesato subito a Ferrarini la necessità di avere un rimorchiatore ma - parla ancora Schettino -, mi fu segnalato che 'ci mangiano la nave', così decisi di tenere un basso profilo parlando con la capitaneria di porto di black out, cosicchè i contratti fossero i meno onerosi possibile per la società".

Ferrarini, testimoniando oggi al processo, ha negato di aver mai pronunciato la frase 'Ci mangiano la nave' e anche di non aver ritenuto "una priorità" intervenire coi rimorchiatori, appunto come suggeriva Schettino. Riguardo ai costi, ha aggiunto Ferrarini, "aver chiamato i rimorchiatori non avrebbe comportato nessun onere per la compagnia", "solo al momento dell'utilizzo, 4-5 ore dopo dalla richiesta di intervento, avremmo stipulato il contratto, ma solo se effettivamente avessero effettuato l'intervento" di traino. 

"Schettino mi propose di dire alle autorità che a causa di un blackout aveva fatto una collisione. Ma io dissentii fortemente, mi arrabbiai. Era una cosa differente e falsa rispetto a quanto mi aveva raccontato prima, e cioè che aveva urtato uno scoglio e che la nave si era allagata": così Ferrarini ha rivelato al processo come Schettino gli propose di combinare insieme una versione dei fatti, diversa dalla realtà, da riferire alle autorità marittime. Una versione che desse la colpa del naufragio a un blackout a bordo cui sarebbe seguita la collisione, e non a un errore di manovra come invece accaduto. "Ricordo di aver reagito abbastanza male - ha anche detto Ferrarini - E ho condiviso la stessa reazione con i colleghi nella sala di crisi" a Genova. In merito il pm Alessandro Leopizzi ha fatto ascoltare una telefonata tra Schettino e Ferrarini: Schettino, intercettato, parla di blackout, ma si sente che a un certo punto della conversazione - probabilmente per la reazione di Ferrarini - recede dal suo disegno di convincerlo a dare una versione dei fatti alterata.

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