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Taormina: Keitel, cultura e 'metodo' contro terrorismo

Taormina: Keitel, cultura e 'metodo' contro terrorismo

TAORMINA, 16 giugno 2016, 18:29

Francesco Gallo

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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 Un Harvey Keitel disponibile e rilassato oggi alla Tao Class del Taormina Film Fest mostra una grande sensibilità per la tragedia di Orlando in Florida e dice che in fondo è tutta una questione di 'metodo'. "Sono un po' in imbarazzo ad essere qui con questa tragedia in corso - dice l'attore-produttore - lì sono state massacrate ben 49 persone e credo che eventi come i festival possano essere importanti perché queste cose non avvengano più.
    La politica da sola non basta, ci vuole anche la cultura".
    E aggiunge Keitel: "Sono convinto che se Omar Mateen fosse stato convocato in un festival con personaggi di cultura, registi e attori, forse avrebbe rivisto la sua posizione".
    E ancora sul fronte della politica racconta l'incontro con Putin insieme ad altri colleghi del cinema: "Ci disse che eravamo più potenti di lui. Io replicai che forse era vero, ma che le armi poi le aveva la politica. Bisogna insomma unire le due cose".
    Per l'attore ci vuole "metodo" (facendo riferimento a quello di Strasberg applicato all'Actor's studio di cui è copresidente con Al Pacino e Ellen Burstyn): "Omar Mateen ha ucciso le sue vittime con passione, facendo riferimento al suo personale 'metodo', solo che quest'ultimo è sbagliato e va combattuto".
    Nato a Brooklyn il 13 maggio del 1939 da una famiglia ebraica di ristoratori di origini polacche e romene, Keitel ricorda anche il cinema italiano: "Ettore Scola è il primo, mi ha contattato per Un mondo nuovo nel 1982, ma per la cultura americana il vostro cinema è sempre stato un grande riferimento.
    Penso ai film di Pasolini , a Sorrentino (con cui ha lavorato in Youth), al bellissimo Padre padrone dei fratelli Taviani, alla Wertmuller e poi - conclude - voi italiani siete grandi anche per il gelato".
    Tra i ricordi dell'attore sicuramente il suo ruolo del muscolare 'pappone' in Taxi driver di Martin Scorsese: "Volevo prepararmi sulla strada. Prima mi sono rivolto a una prostituta riempiendola di domande, ma lei non diceva nulla. Poi ho incontrato un vero 'pappone' che mi ha detto cose semplici che non dimenticherò mai. Tra le quali 'se gli dici che la ami, devi amarla davvero'".
    Tra i suoi non numerosi ruoli da protagonista, una cosa che - si avverte - gli pesa molto, quella de Il cattivo tenente di Abel Ferrara: "Quando arrivò la sua striminzita sceneggiatura, la buttai nella spazzatura, poi la recuperai perché era comunque un ruolo da protagonista. E feci bene".
    Sulle presidenziali americane il Mr.White de Le Iene non si sbilancia più di tanto, forse per convenienza: "Spero che i miei concittadini americani, i marines (l'attore si è arruolato in questo corpo a 16 anni) e le stesse forze armate abbiano la saggezza di scegliere, di fare azioni concrete per aiutare gli indifesi. Non vorrei - conclude l'attore - che i miei figli fossero mandati in guerra. Ne ho uno di 12 anni e mi dispiacerebbe proprio che fra cinque avesse questa cattiva opportunità".
    Nel futuro dell'attore e sostenitore di registi promettenti che lo ha portato a lavorare nei primi film di Martin Scorsese, Ridley Scott e Quentin Tarantino, The Comedian, con De Niro e De Vito, di Taylor Hackford e Lies We tell di Mitu Misra.
   

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