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08 giugno, 15:20 Primopiano

Oscar Pistorius, mille vite di un campione in chiaroscuro

L'atleta condannato a 5 anni per l'omicidio della fidanzata Reeva Steenkamp

© ANSA
Reeva Steenkamp con Oscar Pistorius © Ansa

Quella di Oscar Pistorius è una vita in cui l'abisso e la vetta, il normale e lo straordinario si sono intrecciati di continuo. Prima fenomeno dell'atletica paralimpica, poi caso limite delle gare per normodotati: con il mondo dello sport a dividersi sull'argomento. Quindi la terribile vicenda dell'omicidio della sua fidanzata: colposo o volontario? Anche stavolta l'opinione pubblica mondiale si e' spaccata in suo nome, fino alla sentenza di colpevolezza per omicidio colposo e alla definizione oggi della pena, 5 anni di carcere. Nato a Johannesburg nel 1986, l'atleta sudafricano inizia la sua personale sfida contro il destino quando non ha nemmeno un anno. Una grave malformazione alle gambe (era nato senza peroni) lo costringe all'età di 11 mesi a subire l'amputazione di entrambi gli arti inferiori sotto il ginocchio.

Nonostante l'handicap però non si perde d'animo e mentre frequenta il liceo di Pretoria gareggia nel rugby e nel water polo. Lo sport diventa, così, la sua ragione di vita. Dopo che una lesione al ginocchio lo costringe a cambiare disciplina, Pistorius si avvicina all'atletica leggera, prima per riabilitazione, poi per scelta. Dopo tanta strada e tanti sacrifici, arriva il primo grande appuntamento: le Paralimpiadi di Atene nel 2004. In Grecia si presenta da semi-sconosciuto con delle particolari protesi in fibra di carbonio. Arriva terzo nei cento metri e vince l'oro nei duecento e da quel momento la sua carriera sara' un susseguirsi di record e primati. Nel 2005, al Gran gala di atletica a Helsinki, diventa il primo atleta paralimpico a competere con i normodotati in una gara ufficiale e due anni dopo arriva il record nei 200 metri.

L'uomo bionico, Blade Runner, l'uomo piu' veloce senza gambe: i soprannomi per la nuova stella dell'atletica si sprecano. Conquistati i primi successi, il sudafricano esprime il proprio desiderio di voler competere con i normodotati e l'obiettivo sono le Olimpiadi di Pechino 2008. A questo punto, pero', inizia una controversia infinita sulle sue protesi destinata a riempire le pagine di tutti i giornali e che, alla fine, spinge la federazione internazionale a respingere la sua richiesta. "Ne puo' trarre vantaggio rispetto agli altri atleti" e' la motivazione della Iaaf. Le sue gambe tecnologicamente modificate diventano cosi' lo scoglio su cui si infrangono tutti i sogni. Ma pochi mesi dopo, a sorpresa, arriva il dietrofront: il Tribunale arbitrale dello sport si pronuncia a favore di Pistorius, precisando che non esistono elementi scientifici sufficienti per dimostrare il suo vantaggio dall'uso delle protesi".

Un'altra vittoria, che si rivelerà inutile, perché Pistorius fallisce le qualificazioni e non realizza il tempo minimo per partecipare ai Giochi. A Pechino però, alle Paralimpiadi fa comunque il pieno di vittorie e vince l'oro nei 100, 200 e 400 metri. Nel frattempo continua la sua battaglia per gareggiare con i normodotati. E il sogno alla fine lo realizza. Nel 2012 ottiene sui 400 metri il minimo valido per la partecipazione ai Giochi olimpici di Londra, e la sua federazione decide di convocarlo sia per la prova individuale sia per la staffetta. Un passo che lo iscrive di diritto nella storia dello sport, diventando il primo atleta paralimpico a partecipare alle Olimpiadi. Londra però si rivelerà per lui avara di soddisfazioni: arriva fino alla semifinale, ma si piazza ottavo e viene eliminato. Intanto la sua popolarità è schizzata alle stelle. Strappa compensi milionari alle aziende, la Nike lo sceglie come testimonial. A chi gli chiede come ci si sente ad essere una fonte d'ispirazione, risponde "una responsabilità, perché non é facile far capire alle persone che se t'impegni puoi conquistare tutto". Ma per lui, forse, il 'tutto' non é abbastanza.

A febbraio 2013 il mito crolla e si spegne quel sorriso fin troppo marcato che Pistorius aveva sempre mostrato al mondo. L'atleta viene arrestato dalla polizia di Pretoria con un'accusa terribile: quella di aver ucciso la propria fidanzata, la modella trentenne Reeva Steenkamp, sparandole nel bagno della sua abitazione di Pretoria. Per il procuratore lo ha fatto volontariamente al culmine di una lite, per l'atleta è stata una disgrazia, "l'ho scambiata per un ladro". Nel processo che scuote il Sudafrica e il resto del mondo, l'immagine del campione vittorioso che supera ogni ostacolo lascia spazio a quella di un uomo distrutto, disperato, sempre in lacrime. Alla fine il Tribunale gli ha dato ragione in parte: ha sentenziato che non voleva uccidere Reeva, ma anche che ha sparato in modo sconsiderato. Di qui la condanna per omicidio colposo e la pena di cinque anni di carcere.

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