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Foster avvocato coraggio nell'inferno di Guantanamo

Foster avvocato coraggio nell'inferno di Guantanamo

Candidata con Rahim a Golden Globes per The Mauritanian

ROMA, 28 febbraio 2021, 17:22

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Nel novembre 2001 l'ingegnere Mohamedou Ould Slahi, classe 1970, ingegnere in Germania e in Canada, durante una visita alla sua famiglia in Mauritania, viene arrestato dalla polizia e finisce su un volo della Cia prima per la Giordania e poi per Guantanamo, come sospetto terrorista. E' l'inizio per lui di una prigionia durata 14 anni senza nessuna accusa formale, nella quale ha subito ogni genere di torture fisiche e psicologiche. Un'odissea che Slahi è riuscito a raccontare ancora prima di essere rilasciato nel 2016, raccogliendo appunti, pubblicati nel 2015, nel memoriale Guantanamo Diary (in Italia edito da Piemme con il titolo 12 anni a Guantanamo). Una storia che il regista premio Oscar Kevin MacDonald ripercorre in The Mauritanian, con Tahar Rahim, nei panni di Mohamedou e Jodie Foster in quelli dell'avvocato Nancy Hollander che dopo anni di battaglie è riuscita a farlo uscire.
    Nel cast anche Benedict Cumberbatch e Shailene Woodley.
    "Non capita spesso che un film mainstream mostri questo genere di storie dalla prospettiva di un uomo musulmano - spiega Jodie Foster nella Q&A online con MacDonald e Rahim organizzata da Hollywood Reporter -. Vediamo una persona che dopo aver attraversato tutta questa sofferenza è capace ancora di amare e perdonare. Poi c'è il tema di Guantanamo, che è ancora aperto, una cosa folle... Lo vorremmo tutti vedere chiuso" L'interprete premio Oscar per la sua performance ha ottenuto la candidatura al Golden Globe come migliore attrice non protagonista, mentre Tahar Rahim quella come miglior attore di un film drammatico.
    Kevin MacDonald è subito rimasto profondamente colpito dal libro e la prima versione della sceneggiatura: "L'ho trovata una testimonianza di una verità assoluta ma non sapevo come rendere tutto questo in un film". MacDonald stava per dire no al progetto "ma poi uno dei produttori mi ha consigliato di parlare con Mohamedou. Immaginavo fosse traumatizzato e amareggiato.
    Invece mi sono trovato davanti a un uomo pieno di humour, colto e con una mente brillante. E' così incredibile il modo nel quale ha fatto pace con quello che gli era successo. E' ciò che mi ha convinto a fare il film".
   

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