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60 anni fa La Dolce Vita, film icona made in Italy

60 anni fa La Dolce Vita, film icona made in Italy

Palma d'oro a Cannes, boicottato ma salvato dal pubblico

ROMA, 02 febbraio 2020, 17:59

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Un film capolavoro, fonte di ispirazione per gli anni a venire (La grande bellezza di Paolo Sorrentino, l'omaggio più recente), e icona del made in Italy, quasi un brand: dici La dolce vita e pensi all'Italia, al bagno seducente di Anita Ekberg 'Marcello come here' nella Fontana di Trevi, a Mastroianni indolente e bellissimo. E lo pensano in tutto il mondo. Il film di Federico Fellini, che vinse la Palma d'oro al festival di Cannes , Oscar per i costumi (Piero Gherardi) e decine di altri premi internazionali, compie 60 anni e altrettanti di influenza culturale. E' inserito in tutte le classifiche dei film della storia del cinema mondiale e, nonostante accoglienza critica negativa, richieste di censura ecclesiastica, divieto ai minori di 16 anni è il sesto film tra i più visti in italia dal 1950 ad oggi: solo nell'anno di uscita lo videro 13 milioni 600 mila persone.
    Al cinema Fiamma di Roma (oggi tristemente chiuso) nella notte tra il 2 e il 3 febbraio 1960 ci fu l'anteprima e il 5 febbraio al Capitol di Milano, prima di uscire in sala: i fischi coprirono il sonoro degli applausi.
    Protagonista del film è Roma, quella a cavallo tra gli anni '50 e '60 dove si muove Marcello (Mastroianni), un giornalista che si occupa di gossip e scandaletti, ma frustato nella sua ambizione di diventare scrittore, attratto dalla bella vita, dall'aristocrazia e dalle belle donne come l'inquieta aristocratica Maddalena (Anouk Aimee) .
    A ripensarci 60 anni dopo, al di là di scene cult, di tutto l'immaginario che si è portato dietro neologismi compresi (paparazzo ad esempio, ispirato a Tazio Secchiaroli) il visionario Fellini ci ha anticipato una molto attuale epoca di fake news e di commistione tra cronache e gossip di sconfinamenti giornalistici, oltre che di crisi delle elite sociali e culturali delle quali il regista firma decadenti rituali aristocratici al limite del patetico.
   

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