"Ma quale confessione! E' stato
torturato finché non ha dovuto dire quanto volevano i suoi
carcerieri". Il professore Francesco Della Corte, direttore del
Credim, il Centro di ricerca interdipartimentale in medicina dei
disastri dell'Università del Piemonte Orientale per cui ha
lavorato Ahmadreza Djalali, commenta così la confessione del
ricercatore iraniano che in televisione ha sostenuto di essere
una spia, l'accusa per cui è stato arrestato e condannato a
morte.
"Non è bastato che venisse condannato a morte dal Tribunale
della Rivoluzione di Teheran per reati mai commessi - prosegue
Della Corte - ora hanno voluto che pubblicamente si accusasse,
in modo da avere una scusa, di fronte all'opinione pubblica, per
poterlo uccidere".
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