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Google, in 13 anni solo 12 milioni al Fisco

Altreconomia, utili minimi rispetto a ricavi, nodo Irlanda

In 13 anni di attività in Italia Google ha pagato al fisco solo 12 milioni di tasse, cifra minima rispetto al fatturato 'reale' dell'azienda, stimato in almeno 490 milioni nel solo 2014. A fare i conti alla succursale italiana del colosso di Mountain View, Google Italy Srl, è Altreconomia. Secondo il mensile, nell'ultimo bilancio emerge un confronto tra manager e collegio sindacale sul 'transfer pricing', usato per beneficare della fiscalità agevolata di altri Paesi come l'Irlanda.

Google, già finita nel mirino del fisco, non solo nella Penisola ma anche a livello europeo, è il primo "operatore attivo nella raccolta pubblicitaria online in Italia", dove detiene "una quota superiore al 30%", come ha ricordato l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nelle Relazione annuale 2015. A differenza di altre fonti, per le quali il fatturato pubblicitario in rete sarebbe superiore ai 2 miliardi di euro, l'authority ha quantificato in 1,63 miliardi l'ammontare dei ricavi. Di conseguenza il 30% sarebbe pari di circa 490 milioni.

Sul tema delle tasse nell'inchiesta di Altreconomia emerge poi, dall'ultimo bilancio di Google Italy Srl, un 'confronto' tra management e collegio sindacale sul tema del 'transfer pricing', ossia l'alterazione dei prezzi di vendita praticati nelle operazioni infragruppo che punta a trasferire i redditi da un Paese come il nostro a quelli a fiscalità agevolata, come l'Irlanda, dove ha sede la consociata della filiale italiana. Dei 54,4 milioni di ricavi 2014 (+10% sul 2013) di Google Italy oltre il 97% proveniva da Dublino (Google Ireland Ltd), frutto di "rapporti di natura commerciale con altre società facenti parte del gruppo". Vuol dire che la filiale che opera nel nostro Paese incamera minime commissioni dall'Irlanda, mentre l'ammontare complessivo finisce a Dublino.

Il meccanismo continua a funzionare, a dispetto delle modifiche normative. La più recente risale alla Legge di stabilità 2014 e stabilisce che le società che operano nel settore della raccolta di pubblicità online devono usare indicatori di profitto diversi da quelli applicabili ai costi sostenuti per lo svolgimento della propria attività. A parere di Daniel Lawrence Martinelli, referente del Cda della Srl che ha firmato la relazione sulla gestione, la nuova regola avrebbe fatto sorgere "inevitabili incertezze" capaci di "comportare effetti rilevanti sulle determinazione dell'imponibile fiscale della società". Diverso il parere del collegio sindacale: per applicare la norma ha ''chiesto durante le verifiche e via email la documentazione di transfer pricing che non è stata fornita".
   

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