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Google licenzia un'altra ricercatrice del team sull'AI

Mitchell cacciata dopo Gebru per divergenze su genere e razza

Google licenzia una delle sue maggiori ricercatrici nell'intelligenza artificiale, alimentando le tensioni all'interno della divisione dopo l'uscita di Timnit Gebru, l'altra leader del team etico per l'IA di Mountain View. La società spiega che il licenziamento di Margaret Mitchell è legato alle sue ripetute violazioni del codice di condotta e di sicurezza, incluso il trasferimento di file e di dati privati.

La spiegazione ufficiale però non placa le polemiche e riaccende l'attenzione sulla divisione dell'intelligenza artificiale di Google, da dicembre dominata da tensioni e nel mirino di critiche dopo il siluramento di Gebru, una delle pochissime ricercatrici afroamericane della Silicon Valley. L'addio di Gebru ha scatenato un fiume di polemiche all'interno della società, mettendo in evidenza le crescenti tensioni fra la forza lavoro di Google e la leadership dell'azienda. Oltre ad alimentare dubbi sugli sforzi di Mountain View di mettere a punto una tecnologia giusta e affidabile.

Gebru aveva denunciato che il suo licenziamento era dovuto a una email inviata a un gruppo di colleghi in cui esprimeva la sua frustrazione sui programmi sulla diversità di Google ed evocava uno studio del 2018 sui pregiudizi razziali e di genere nei software di riconoscimento facciale.

Mitchell insieme a Gestru aveva più volte spinto per una maggiore diversità all'interno dello staff di Google ed espresso timori sulla possibilità che Mountain View avesse iniziato a censurare ricerche e studi chiave per i suoi prodotti. Le due insieme avevano collaborato a uno studio sui potenziali pregiudizi nella linguaggio dei sistemi di intelligenza artificiale come quello usato da Google. Uno studio che, secondo indiscrezioni, Mountain View aveva chiesto di ritirare.

Per Google il caso dei due licenziamenti e delle tensioni sulla razza e la diversità rischia di macchiare l'immagine liberal e paritaria che vuole trasmettere, e di tradire il motto della società 'Don't be evil'. L'incidente 'rovina' una settimana in cui Google si era affermata come il volto buono della Silicon Valley siglando un accordo triennale con la News Corp in quale si è impegnata a pagare per i contenuti giornalisti del gruppo di Rupert Murdoch, al termine di una diatriba che va avanti da anni. Un'intesa storica innescata dall'accelerazione dell'Australia per costringere i colossi di big tech, inclusi Google e Facebook, a pagare le news.

All'intesa strappata da Mountain View si era contrapposta la chiusura di Facebook, che aveva oscurato la condivisione di link e notizie degli utenti in Australia lasciando di fatto al buio il continente. Ma oggi il premier australiano, Scott Morrison ha annunciato di aver ricevuto le "scuse" di Fb che si è detto pronto a tornare al tavolo dei negoziati. L'immagine della 'buona' Google rischia però ora di essere intaccata dal neo dei licenziamenti.
   

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