Grazie all'intelligenza artificiale le stampanti 3D acquistano 'occhi' e 'cervello', per correggere gli errori di stampa in tempo reale e prevedere i capricci dei materiali più difficili: diventa così possibile realizzare su scala industriale oggetti mai stampati prima, aprendo la strada a una vera e propria rivoluzione per la produzione di moltissimi oggetti di uso comune che vanno dai dispositivi medici alle componenti per auto.
L'idea è della startup Inkbit, nata dal Massachusetts Institute of Technology (Mit) e guidata da un ingegnere italiano, Davide Marini, sbarcato a Boston vent'anni fa dopo dopo la laurea al Politecnico di Milano. "Sappiamo tutti che i vantaggi della stampa 3D sono enormi, ma spesso la gente ha problemi nell'utilizzarla: la tecnologia non è ancora al punto giusto", spiega Marini. "La nostra macchina è la prima che può apprendere le proprietà di un materiale e prevedere il suo comportamento. Credo che sarà una svolta".