"Rottamare" l'Italicum, prima del referendum. Pier Luigi Bersani tiene alta la sua asticella, con una richiesta che la maggioranza del Pd ritiene irricevibile. "Non accettiamo diktat", avverte Matteo Orfini. E Dario Franceschini: "Si può migliorare l'Italicum ma non ricominciare d'accapo". E così, mentre ancora si attende l'avvio dei lavori della commissione Pd sulle modifiche alla legge elettorale, i bersaniani si preparano ad annunciare un No definitivo al referendum costituzionale. Giovedì, probabilmente. La commissione Dem sull'Italicum, proposta da Matteo Renzi una settimana fa in direzione, potrebbe riunirsi per la prima volta domani o, più probabilmente, mercoledì. Si definirà solo allora il metodo di lavoro. L'ipotesi di partenza è ascoltare prima i partiti di maggioranza, poi l'opposizione e infine fare una sintesi. Ma è innanzitutto nel Pd che va trovato un accordo, nient'affatto scontato. E in questo senso spinge Gianni Cuperlo, che nella commissione rappresenta la minoranza e ancora spera di riuscire a scongiurare, con l'intesa sulla legge elettorale, una "lacerazione" sul referendum che avrebbe "strascichi" pesanti.
Cuperlo chiederà alla commissione, presieduta da Lorenzo Guerini, di varare in tempi brevi "una proposta del Pd e del suo segretario sulla riforma della legge elettorale: un documento chiaro sui caposaldi delle modifiche da fare o un testo base da depositare in commissione". Serve un accordo politico su alcuni cardini, secondo il deputato: stop al ballottaggio, premio di maggioranza limitato e elezione dei deputati nei collegi. "Si può rendere la legge più funzionale assegnando il premio alla coalizione e non alla lista, perché così sarebbe più coerente con l'assetto del centrodestra e anche con il nostro", apre il ministro Dario Franceschini, raccogliendo un auspicio ribadito anche dal leader di Ap Angelino Alfano. Per i renziani andrebbe anche bene, contro l'opinione della stessa Ap, lo stop alle multicandidature. Ma discute anche di collegi e ballottaggio. Anche se al momento il punto è ancora tutto politico. I renziani vogliono evitare di alimentare polemiche che danneggerebbero la campagna referendaria.
E lasciano a verbale l'apertura di Renzi in direzione: si può anche arrivare a una proposta Pd prima del referendum, aggiungono, ma i giochi veri si apriranno solo dopo (con la vittoria del No, scommettono, potrebbe riprendere quota un proporzionale 'puro', con l'abolizione del ballottaggio). Ma la ricerca di un accordo non 'parla' tanto ai bersaniani, che sono già sul No, né tantomeno a D'Alema che fa campagna "contro a prescindere", quanto a Cuperlo e gli elettori di sinistra più dialoganti. Anche perché, sibila Renzi, "Bersani ha già cambiato idea su tutto, dal ballottaggio alle riforme. Non mi stupirei se adesso sostenesse i tagli alla sanità" contro il governo. "Quando era il capo - afferma il premier - richiamava al rispetto della ditta mentre adesso cambia idea anche su questo". "O si rottama l'Italicum o si ferma la riforma costituzionale: è un problema di democrazia, l'ho sempre pensata così", è la risposta dell'ex segretario. E i suoi considerano la trattativa già fallita. Tanto che il cerino potrebbe essere lasciato a Cuperlo già giovedì di questa settimana quando è probabile che Speranza e Bersani annuncino un No irrevocabile, definitivo, al referendum. "Cercheremo di convincerli sull'Italicum - replica Matteo Orfini - ma credo che sia ragionevole fidarsi o almeno dare alla commissione il tempo di lavorare serenamente senza diktat o sfiducie preventive".