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L'analisi/17 marzo: difficoltà presidenze Camere, Colle aspetta e vede tempi lunghi

Contatti telefonici tra i leader per sciogliere il nodo

Fabrizio Finzi ROMA

Inizia un fine settimana di riflessione e contatti telefonici tra i leader  per sciogliere il nodo delle presidenze delle Camere. E ne servirà parecchia di meditazione visto che con il passare dei giorni le difficoltà che si stanno materializzando non fanno che confermare che si ripresenteranno tali e quali per la formazione del nuovo Governo. Concetto che è chiaro anche al Colle dove ad oggi non si vedono soluzioni e ci si prepara per un "ascolto" lungo.

Sergio Mattarella resta attaccato alla realtà e tiene sempre sulla scrivania il grafico con i numeri parlamentari, unici dati affidabile di queste giornate. In questa fase è osservatore esterno, ne resta fuori e aspetta di conoscere direttamente dalle forze politiche le vere intenzioni. Per adesso dedica grande attenzione alle dinamiche internazionali, alle preoccupazioni di Bruxelles, ai movimenti dei "grandi" Paesi europei ricavandone sempre più la convinzione della necessità di dare un Governo all'Italia.

Governo che, peraltro, continuano a chiedere tutte le forze politiche ma senza ancora aprire al compromesso. Al di là delle parole lo si evince dalla partita per le presidenze della Camera. Oggi Luigi Di Maio ha rilanciato chiedendo quella di Montecitorio per l'M5s, aggiungendo una condizione in più: mai a un condannato o a chi è sotto processo (lo è, per esempio, Paolo Romani).

E legando la presidenza della Camera all'immediata abolizione dei vitalizi. "Ci sono cose più urgenti da fare", gli ha replicato Matteo Salvini che deve in qualche modo rappresentare anche i tanti deputati di Forza Italia per non far esplodere la coalizione di centro-destra. Di Maio ha comunque confermato che sta per chiamare Salvini, Giorgia Meloni e Maurizio Martina continuando ad insistere sul fatto che le per le presidenze delle Camere servono figure di garanzia.

Ma anche che l'accordo sulle Assemblee è totalmente estraneo a eventuali futuri accordi di Governo. Che la situazione sia ancora lontana dal maturare lo dimostra il Pd che, è bene ricordarlo, rimane il secondo partito del Paese. Oggi Martina ha premesso che i Dem non saliranno sull'Aventino ma anche detto senza mezzi termini che "un governo M5s-Lega è pericoloso per il Paese". "Incalzeremo, proporremo, non staremo a guardare", ha assicurato. Ma dietro tutto ciò rimane l'incubo di cui tutti hanno paura: il ritorno alle urne. Sarà forse il motore almeno per un Governo di scopo?

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