Un po' 'uomo della ditta', un po' controcorrente. Virginio Merola, confermato sindaco di Bologna, proseguirà l'esperienza cominciata cinque anni fa, un po' a sorpresa, alla guida della città.
Campano di nascita, ma bolognese dall'età di cinque anni, 61 anni ben portati, laureato in filosofia, Merola vinse nel 2010 delle primarie travagliate, dopo la traumatica esperienza Delbono, il lungo commissariamento di Annamaria Cancellieri e il ritiro dalla corsa a sindaco del super favorito Maurizio Cevenini. Nel 2011 vinse al primo turno.
Nel suo primo mandato si è circondato di assessori giovani ed ha puntato molto sullo sblocco delle infrastrutture delle quali in città si discuteva da anni e sulle pedonalizzazioni. Con scelte a volte radicali, come quelle sul traffico, che hanno diviso la città fra fan sfegatati e acerrimi detrattori. E' anche stato in prima fila nella lotta per i diritti civili: il suo auspicio è celebrare a Bologna la prima unione civile che lui chiama, senza giri di parole, "nozze gay". Ha sempre detto di voler essere "un sindaco normale di una città speciale" e si è tenuto alla larga dai dibattiti e dalle ribalte nazionali.
Dopo essere stato delegato dei trasporti nella Cgil, Merola ha cominciato quasi vent'anni fa la sua carriera nelle istituzioni bolognesi: prima facendo per dieci anni il presidente del Quartiere Savena, poi affiancando Sergio Cofferati come assessore all'urbanistica.
Con il suo partito, il Pd, ha un rapporto non semplice. Con Renzi, fin da quando il premier era sindaco di Firenze, non corre buon sangue. All'ultimo congresso Merola ha sostenuto Renzi, pur avendo una storica vicinanza con Pier Luigi Bersani e l'area del Pd che rappresenta. E anche con il partito bolognese, che ha messo in discussione per mesi la sua candidatura, i rapporti sono piuttosto tesi.