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  3. Quirinale: 1946-2013, le 12 votazioni in pillole

Quirinale: 1946-2013, le 12 votazioni in pillole

Da De Nicola al bis di Napolitano, le "battaglie" in Aula

Dalla scelta di Enrico De Nicola del 1946 al bis di Giorgio Napolitano nel 2013 sono state 12 le elezioni dei presidenti della Repubblica.

1) ENRICO DE NICOLA: capo provvisorio dello Stato, fu eletto il 28 giugno 1946 dall'assemblea Costituente con 396 voti su 501. De Gasperi dovette insistere molto per vincere la sua perplessità ad accettare la candidatura. Liberale fedele alla monarchia una volta eletto arrivò a Roma sulla sua automobile e rifiutò di insediarsi al Quirinale. Rinunciò anche allo stipendio da presidente.

2) LUIGI EINAUDI - Fu eletto l'11 maggio 1948. Era un esponente del partito liberale, ministro del Tesoro e governatore della Banca d'Italia. Si votò due volte al giorno.

Solo 4 scrutini (prese 518 voti su 871 votanti) per una durata complessiva 10 ore e 25 minuti. Nelle prima votazioni naufragò la candidatura del candidato indicato da De Gasperi, il repubblicano Carlo Sforza, ministro degli Esteri, impallinato dalla sinistra Dc.

3) GIOVANNI GRONCHI - Democristiano, fu eletto il 28 aprile 1955. Anche per lui solo 4 scrutini (prese 658 voti su 833 votanti) e passaggio alla prima votazione a maggioranza assoluta. Gronchi fu imposto dai franchi tiratori della destra Dc che avevano bocciato nei primi scrutini il candidato ufficiale scelto da Fanfani, Cesare Merzagora.

4) ANTONIO SEGNI - Fu eletto il 6 maggio 1962. Si votò anche tre volte in un giorno. Arriviamo con lui a 9 scrutini (prese 443 voti su 842 votanti). Candidato ufficiale della Dc, fu eletto senza imboscate di franchi tiratori.

5) GIUSEPPE SARAGAT - Fu eletto il 28 dicembre 1964. Era segretario del partito socialdemocratico e ministro degli Esteri. Si votò, oltre che alla vigilia, anche il giorno di Natale. Furono necessari 21 scrutini (prese alla fine 646 voti su 927 votanti). Nelle votazioni andate a vuote non riuscì a imporsi il candidato ufficiale della democrazia cristiana Giovanni Leone, per l'ostilità del gruppo di Fanfani.

6) GIOVANNI LEONE - Democristiano, fu eletto il 24 dicembre 1971. Record di 23 scrutini (prese alla fine 518 voti su 996 votanti). Superò il quorum con uno scarto di soli 13 voti. Leone fu scelto dopo che che andò a vuoto il tentativo di Amintore Fanfani di farsi eleggere.

7) SANDRO PERTINI - Fu eletto l'8 luglio 1978. Ci vollero 16 scrutini (prese 832 voti su 995 votanti, record di preferenze ancora imbattuto). Fu il primo socialista a essere eletto al Quirinale: ma il primo a indicarlo non fu il segretario del Psi Craxi, bensì il comunista Berlinguer.

8) FRANCESCO COSSIGA - Democristiano, fu eletto il 24 giugno 1985. Elezione rapidissima: tre ore esatte e un solo scrutino (prese 752 voti su 979 votanti). La sua candidatura fu costruita dal segretario Dc Ciriaco De Mita, che riuscì a convincere tutti i partiti.

9) OSCAR LUIGI SCALFARO - Democristiano, fu eletto il 25 maggio 1992. Si dovette aspettare il sedicesimo scrutinio (prese 672 voti su 1002 votanti). L'elezione fu accelerata dalla strage di Capaci: nei giorni precedenti il Parlamento aveva bocciato la candidatura del segretario della Dc Arnaldo Forlani, non votato dagli amici di Andreotti che si vendicarono per la mancata candidatura del loro leader.

10) CARLO AZEGLIO CIAMPI - Fu eletto il 13 maggio 1999. Record assoluto di velocità: solo 2 ore e 40 minuti per far partire il settennato dell'ex Governatore della Banca d'Italia. Un solo scrutinio (prese 707 voti su 990 votanti). Sulla sua candidatura accordo trasversale tra Veltroni, Fini e Berlusconi.

11) GIORGIO NAPOLITANO - Fu eletto il 10 maggio 2006. Elezione rapida, al quarto scrutinio (prese 543 voti su 990 votanti). Il primo ex comunista a salire al Colle, fu votato dalla maggioranza di centrosinistra, con l'astensione del centrodestra.

12) GIORGIO NAPOLITANO BIS - Napolitano fu rieletto il 20 aprile 2013 al sesto scrutinio con 738 voti su 997 votanti. Al primo scrutinio fu "bruciato" Franco Marini che con 521 voti non passò il quorum dei due terzi richiesto. Ancora peggio andò a Romano Prodi che al quarto scrutinio prese solo 395 voti, tradito da 101 parlamentari del Pd.

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