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15 GENNAIO Verso il Quirinale/ Nazareno regge ma le minoranze fanno muro

Pd, servono voti Fi. Renzi e Cav lavorano per compattare truppe

Di Milena Di Mauro

15 GENNAIO

Si dice parlare a nuora perchè suocera intenda. Le minoranze alzano il tiro sull'Italicum e sul Patto del Nazareno, ma mirano al Colle. Si somma un fronte ampio anti-Nazareno che chiede il 'time out' sulle riforme, partite da non intrecciare alla corsa per il Quirinale. Fi, con il capogruppo alla Camera Renato Brunetta, annuncia a sorpresa che chiederà per mercoledì la sospensione dei lavori d'Aula, "per un incontro con Berlusconi" e "molto probabilmente simili richieste le faranno altri gruppi".

E perchè Pierluigi Bersani chiede a Matteo Renzi l'accordo sul Quirinale fin dalla prima o dalla seconda votazione, senza aspettare la quarta? Non si può immaginare che l'ex segretario abbia dimenticato di essersi dovuto dimettere, nel 2013, proprio per l'impallinamento di Romano Prodi e l'ammutinamento del Pd su Franco Marini. Perchè Renzi dovrebbe esporsi all'insuccesso, rischiando una fumata nera densa di conseguenze politiche fin dai primi voti, quelli che alzano l'asticella del quorum a 672 voti contro i 505 del quarto? La verità è in queste ore le minoranze - quella del Pd con pezzi di Fi ed i fittiani continua a fare barricate al Senato sull'Italicum - mandano al premier un messaggio chiaro. Il banco del Nazareno può saltare davvero, se si salda un fronte che va da Civati a Sel, da Fassina a Fitto, passando per diversi Dem 'delusi' da Renzi, fino a pezzi di M5s, Fi, Ncd e Udc. Un pacchetto di voti sul Colle che può salire, dal primo al terzo voto, in modo esponenziale.

Se per esempio, invece di obbedire all'ordine di scuderia votando scheda bianca, le minoranza Dem convergessero su un altro nome, Renzi sarebbe in grossa difficoltà. Se poi quel nome fosse quello di Romano Prodi (che Bersani ha rilanciato, dicendo che si deve ripartire dal 2013) l'ostacolo sarebbe ancora più difficile da aggirare. Specularmente in Forza Italia, si chiede a Berlusconi di non dare nulla per scontato. Come al gioco dell'oca, si torna alla casella del via. Renzi e il Cavaliere devono fare la conta in casa propria. Perchè al di là delle dichiarazioni di facciata - con Berlusconi che cambia di nuovo schema e dice 'no a un candidato Pd', Alfano che gli da' ragione e Renzi che ribatte 'allora il presidente ce lo eleggiamo da soli - l'accordo Renzi-Cav ed il Patto del Nazareno tengono.

"Servono cifre ampie, per legittimare il nuovo capo dello Stato, impossibile fare a meno dei voti di Fi", sottolinea la Serracchiani. E le minoranze si inalberano. Quindi al Cavaliere, per il quale l'obiettivo principale resta la riabilitazione politica, tocca il compito di compattare i 150 grandi elettori azzurri. Ha provato a farlo nel teso faccia a faccia di oggi con Raffaele Fitto e nella movimentata riunione di ieri sera con i senatori, ma ora gli si para davanti la rivolta di Brunetta alla Camera. E a Renzi, che tiene sotto stretto monitoraggio le riunioni delle correnti Dem sempre più numerose, tocca la ugualmente non facile mission di non farsi sfuggire di mano il controllo del Pd. Ex Ppi, giovani turchi, bersaniani, dalemiani, Areadem: tutti vengono descritti come molto attivi, in vista della decisiva direzione del Pd di venerdì.

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