Nessun favoritismo per Boris Johnson: "è stato trattato come ogni altro paziente, al meglio delle nostre possibilità". A parlare è Jenny McGee, l'infermiera neozelandese che è stata, assieme al collega portoghese Luis Pitarma, l'angelo custode del premier britannico nei giorni drammatici trascorsi in terapia intensiva al St Thomas Hospital di Londra, quando il Regno è rimasto col fiato sospeso per sapere se BoJo avrebbe vinto la sua battaglia col coronavirus.
Jenny, che si è trasferita per lavorare in Gran Bretagna da più di dieci anni e fa parte di quell''esercito' di medici e infermieri stranieri che spesso compongono la spina dorsale dell'Nhs (il servizio sanitario pubblico d'oltremanica), ha raccontato per la prima volta la sua esperienza al capezzale del primo ministro Tory in una intervista alla televisione neozelandese (Tvnz). Ha affermato che è stato un po' uno "shock", ma anche un riconoscimento piacevole, essere menzionata per nome e cognome in pubblico dallo stesso Johnson quando, dimesso dall'ospedale londinese, il premier ha voluto ringraziare in un video quanti l'avevano assistito al St Thomas.
Col rapido aggravarsi delle condizioni fisiche di Boris si era infatti temuto il peggio. McGee ha assicurato che Johnson ha avuto davvero "assoluto bisogno" d'essere trasferito in terapia intensiva. E che non è stato adottato nessun protocollo di favore per il ruolo istituzionale da lui ricoperto. "Mostriamo la massima cura con tutti i pazienti che arrivano in terapia intensiva, per loro è qualcosa di spaventoso", ha sottolineato l'infermiera. Per lei e i colleghi sono del resto molto dure di lavoro in prima linea nel reparto anti-Covid 19. La cosa più difficile da accettare? Vedere persone morire per il coronavirus senza poter contare sulla vicinanza dei loro cari. "Talora cerchiamo d'offrire un po' di conforto, tenendoli per mano".
McGee non ha ricevuto solo il ringraziamento di Johnson - capace di creare subito un rapporto personale con lei e con Luis chiedendo di essere chiamato per nome -, ma anche l'elogio della popolare premier neozelandese, Jacinda Ardern. "Mi ha telefonato per dirmi quanto lei e il Paese intero fossero fieri di me. Non lo dimenticherò mai".