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Petri al Festival del giornalismo: 'Lacune su diritti umani'

'Avviato percorso di formazione per giornalisti'

Michele Cassano

"Ci sono grosse lacune sul significato e sul percorso in atto per la difesa diritti umani anche da parte di chi dovrebbe favorire questa narrativa. Ci siamo resi conto che l'anno scorso per i 70 anni della Dichiarazione universale sui diritti umani i giornali e le televisioni non hanno trattato questo argomento o lo hanno fatto in maniera molto lacunosa. I media hanno, invece, un ruolo importante nel favorire una cultura dei diritti umani". A dirlo è Fabrizio Petri, presidente del Comitato Interministeriale per i diritti umani, ospite al Festival del giornalismo di Perugia per presentare un'iniziativa per contrastare la mancanza di informazione sul tema nel panel 'Giornalismo e diritti umani'.

"Dall'anno scorso, grazie all'input di Ossigeno per l'Informazione, abbiamo avviato un percorso formativo sui diritti umani per i giornalisti - spiega in un'intervista all'ANSA -. Il Comitato ha adottato un piano di formazione per le imprese, 'Imprese e diritti umani' e l'idea è cercare di portarlo avanti anche nel campo dei media". "Serve collocare - prosegue - in un contesto chiaro di sviluppo internazionale questi temi che a partire dalla Dichiarazione universale del '48 ha visto crescere moltissimo il sistema internazionale di tutela attraverso una serie di trattati che l'Italia applica anche in maniera egregia. Manca però purtroppo una consapevolezza del percorso in atto e degli strumenti specifici di cui si compone". Al panel anche Alberto Spampinato, presidente di Ossigeno per l'Informazione, che monitora il livello della libertà di informazione in Italia.

"La situazione è molto seria e non ci sono segnali di miglioramento, anche se aumenta la consapevolezza del problema - dice all'ANSA -. L'anno sorso abbiamo verificato e accertato 150 casi di giornalisti che hanno subito attacchi e minacce, ma abbiamo segnalato un numero sei volte maggiore di casi molto probabili che non abbiamo potuto verificare per mancanza di mezzi e questo ci preoccupa molto. Gli ultimi dati li presenteremo nelle prossime settimane insieme all'Agcom". "Circa il 40% delle minacce provengono da quel mondo della criminalità mafiosa - sottolinea Spampinato -. La maggior parte delle minacce e delle querele temerarie non provengono dunque da quel mondo. Ci sono molti colletti bianchi che usano questi mezzi. Renderemo noto nei prossimi giorni un rapporto che si basa su 25 interviste e dati inediti dal quale emerge che in Italia c'è molta meno informazione sulla mafia di quanta se ne potrebbe produrre e ciò è dovuto in gran parte alla falsa convinzione che il tema non interessi ai cittadini". "Avanzeremo anche una serie di proposte sulla difesa dei giornalisti - sottolinea ancora -. Una di queste riguarda il loro stato giuridico che al momento prevede solo dei doveri deontologici, invece bisognerebbe riconoscere anche delle prerogative. La principale dovrebbe riguardare la loro protezione, ma anche strumenti per la difesa dalle querele pretestuose".

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