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L'analisi / 1 maggio - La Lega apre al Governo di scopo, il Colle ci riflette

M5S furibondo dopo i tanti tentativi falliti e se la prende con Renzi paragonandolo a D'Alema che trama nell'ombra

Fabrizio Finzi ROMA

Il Movimento Cinque stelle è furibondo dopo i tanti tentativi falliti e se la prende con Matteo Renzi paragonandolo a Massimo D'Alema che trama nell'ombra. Luigi Di Maio insiste per tornare alle urne subito e, pare di capire, con il Rosatellum. La Lega apre a un Governo di scopo (un "Governo corto") con l'obiettivo di riformare la legge elettorale in fretta e tornare al voto. Il Quirinale ci riflette ma vorrebbe di più, almeno un esecutivo di tregua che faccia anche la Finanziaria per tornare a votare all'inizio del 2019.

La strada verso il Governo si riduce a questi tre stretti sentieri dopo che le esplorazioni volute da Sergio Mattarella hanno certificato l'impossibilità di costruire un Governo di legislatura. Di fatto le possibilità sono solo due visto che il Colle ha escluso il voto a giugno. La preoccupazione del presidente traspare con evidenza da quanto detto oggi al Quirinale chiudendo un discorso in occasione della Festa del lavoro: "Non mancano difficoltà nel nostro cammino.

Tuttavia, dove c'è il senso di un destino da condividere, dove si riesce ancora a distinguere il bene comune dai molteplici interessi di parte, il Paese può andare incontro, con fiducia, al proprio domani". Gli "interessi di parte" in effetti hanno condizionato questi quasi due mesi di trattative rese inestricabili da veti incrociati ed esclusioni personali.

Ci sono state consultazioni ed esplorazioni dalle quali è emerso solo un muscoloso braccio di ferro tra Di Maio e Salvini sulla premiership e sulle alleanze. Ora il presidente è in riflessione e bisognerà aspettare venerdì per conoscere le sue determinazioni. Intanto il Pd è in stato di shock dopo la netta chiusura di Matteo Renzi ad ogni accordo con l'M5s. Giovedì tre maggio ci sarà comunque la direzione ma servirà solo per una resa dei conti interna e non certo per fare passi avanti nella formazione di un esecutivo.

Al Colle lo sanno bene e ci si concentra quindi sulle due variabili più probabili: voto secco a ottobre o voto nel 2019 salvando la Legge di Bilancio 2019. In ogni caso questa volta dovrà entrare in scena direttamente il presidente, richiamando le forze politiche al senso di responsabilità garantendo una gestione diretta dei prossimi mesi. Viene confermata l'indisponibilità del Quirinale a tentativi al buio: non c'è l'ipotesi che possa dare un incarico al centrodestra in assenza di una maggioranza.

Anche per lo scenario più cupo, un ritorno alle urne a ottobre con il Rosatellum, serve un Governo non di parte per gestire la nuova campagna elettorale. La novità della giornata è venuta da Giancarlo Giorgetti. Il braccio destro di Salvini ha confermato che la Lega non intende seguire Di Maio nella corsa precipitosa al voto, ma neanche dare soddisfazione a Silvio Berlusconi che insiste per un incarico al centrodestra convinto di trovare i non pochi voti che mancano in Parlamento.

A Salvini non piacciono "soluzioni incollate con lo scotch, come trovare di volta in volta 40-50 parlamentari, per permettere di sopravvivere giorno per giorno", ha assicurato il capogruppo della Lega. Giorgetti non ha però chiuso la porta alla possibilità di partecipare a un Governo anche con M5S che modifichi la legge elettorale. Naturalmente con un paletto ferreo: si deve tornare a votare "in tempi rapidissimi". "Patti chiari, amicizia lunga, governo corto", ha aggiunto.

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