In settimana è arrivato il duro attacco del presidente dell'Anm Piercamillo Davigo al testo di legge riguardante il 'whistleblowing', la tutela di chi denuncia un illecito commesso da un collega. Il provvedimento, che secondo i destrattori, favorirebbe gli 'spioni', è, comunque, fermo da tempo al Senato. E dopo l'approvazione alla Camera il 21 gennaio 2016, è stato assagnato alla commissione competente ma non è ancora partito l'esame.
IL TESTO APPROVATO ALLA CAMERA prevede che il pubblico dipendente che, nell'interesse dell'integrita' della Pubblica amministrazione, denunci all'Autorita' Nazionale Anticorruzione (Anac) o alla magistratura ordinaria e contabile condotte illecite di cui e' venuto a conoscenza in base al proprio rapporto di lavoro non puo' essere sanzionato, licenziato o sottoposto a misure discriminatorie riconducibili alla propria segnalazione. Eventuali misure di discriminazione contro il whistleblower saranno sanzionate dall'Anac con multe da 5 a 30mila euro. Perche' la segnalazione dell'illecito sia valida, deve poi essere fatta in "buona fede" e senza dolo o colpa grave: il pubblico dipendente che segnali un fatto illecito deve infatti avere una "ragionevole convinzione fondata su elementi di fatto, che la condotta illecita segnalata si sia verificata". L'identita' del whistleblower non potra' essere rivelata e a tale scopo si potra' ricorrere anche a strumenti di crittografia. Non saranno pero' ammesse segnalazioni anonime.
E in ogni caso e' prevista una "Clausola anti-calunnie": se si accerta l'infondatezza della segnalazione o la mancanza di buona fede scatta infatti il procedimento disciplinare e l'eventuale licenziamento in tronco.