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Christine Lagarde

Christine Lagarde

Prima donna all'Eurotower tra riforme e continuità con Draghi

ROMA, 05 luglio 2019, 13:47

Redazione ANSA

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Christine Lagarde © ANSA/EPA

Christine Lagarde © ANSA/EPA
Christine Lagarde © ANSA/EPA

(di Domenico Conti) Un nome in grado di scompaginare i mercanteggiamenti politici a Bruxelles, mettendo spalle al muro chi avrebbe voluto un'Europa indebolita e invece si ritrova, alla guida della Bce, una personalità forte. E' questo Christine Lagarde, l'asso nella manica nella partita stanca e avvilente sulle poltrone europee che si è succeduta per alcune settimane con cui il presidente francese, Emmanuel Macron, intende salvare il suo progetto di rilancio del progetto europeo mantenendo una Bce fulcro nevralgico delle riforme istituzionali e dell'economia dell'Eurozona. Sbarrando la strada al candidato tedesco Jens Weidmann e rendendo molto più facile ciò che non era scontato: continuità con l'impegno appena preso da Draghi a un ulteriore stimolo monetario, se necessario. La prossima presidente della Bce si è subito detta "onorata" della nomina, annunciando che abbandonerà da subito il ruolo di direttore generale dell'Fmi. E' un avvocato francese classe 1956 che conosce bene tanto l'Europa quanto gli Usa (già con gli studi in Maryland a diciassette anni), forte di una lunga esperienza nel settore privato che l'ha portata alla presidenza del cda del maxi studio legale di Chicago Baker & McKenzie. Ma anche di una carriera robusta nelle istituzioni, iniziata nel 2005 come ministro nel governo Villepin (dapprima del Commercio estero, poi nel 2007 delle Finanze) e culminata nel 2011, in piena crisi finanziaria, con la nomina a capo del Fondo monetario internazionale dopo lo scandalo Strauss-Kahn: rinnovato l'incarico nel 2016, ora lascerà Washington con due anni di anticipo per andare a Francoforte a occupare la poltrona di Draghi. Un background legale, di fronte al quale qualcuno storcerà il naso visto che la Lagarde è chiamata a succedere ad una figura ingombrante come Draghi in una poltrona che richiede alte competenze tecniche. Una lacuna, però, che è compensata dalle doti personali: tutti le riconoscono talento, grinta, coraggio e franchezza. Numerosi sono stati i suoi richiami diretti tanto contro la guerra dei dazi innescata da Trump quanto sugli squilibri europei, dal debito italiano al surplus commerciale tedesco. Ha saputo gestire con fermezza e buonsenso la crisi argentina, è famosa per aver avvertito Hank Paulson, segretario del Tesoro Usa nel 2008, che senza un salvataggio di Lehman Brothers sarebbe successo un finimondo, come poi avvenuto. E nella crisi greca ha trasformato il Fmi in un'istituzione in grado di mediare abilmente: senza mai nascondere che il salvataggio non sarebbe andato da nessuna parte senza un taglio del debito. Ma, soprattutto, alla Lagarde non mancano il calibro internazionale e la capacità politica, i fattori che hanno fatto di Draghi una sorta di nume tutelare del futuro dell'Europa.
    Doti meno presenti in molti degli altri candidati per la Bce, e indispensabili in una fase in cui il rilancio delle istituzioni e dell'integrazione economica europea è sotto attacco (persino dagli Usa) e la leadership di Angela Merkel è in declino. E con un'economia indebolita, al punto che Draghi ha già impegnato la Bce, se necessario, persino a tagliare ulteriormente i tassi o riaprire i rubinetti del Qe.
   

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