Nato a Tel Aviv nel 1949 in una famiglia dell'elite intellettuale della destra sionista, Benyamin 'Bibi' Netanyahu ha alle spalle un curriculum non comune: studi e importanti amicizie americane, una laurea in architettura e due master nel prestigioso Mit di Boston, una carriera militare da ufficiale di complemento nelle unita' di commando del Sayeret Matkal e da combattente nella guerra del Kippur, esperienze da diplomatico all'Onu e a Washington.
L'esordio in politica data 1988. Cinque anni piu' tardi e' gia' a capo del Likud, formazione di riferimento dei nazionalisti israeliani, e nel 1996 diventa il piu' giovane premier della storia del Paese.
Alfiere della linea dura con i palestinesi, e ostile agli accordi di Oslo firmati a suo tempo da Yitzhak Rabin, durante il suo mandato accetta di negoziare comunque il ritiro israeliano da alcuni dei maggiori centri della Cisgiordania, stringere la mano di Yasser Arafat e firmare - su input dell'amministrazione Clinton - l'intesa di Wye Plantation. Ma il processo di pace in quegli anni subisce una brusca frenata. Finche', battuto nel '99 dal laburista Ehud Barak, esce di scena e viene rimpiazzato al vertice del Likud da Ariel Sharon. Salvo riproporsi nel 2002 come ministro degli Esteri e poi delle Finanze (in fama di liberalizzatore dell'economia), prima della resa dei conti interna alla destra con lo stesso Sharon sul ritiro dalla Striscia di Gaza. Scelta che Netanyahu contesta e che - dopo la scissione di Sharon e la nascita di Kadima - lo riporta alla testa di cio' che rimane del Likud.
Nel 2009, esaurita la parentesi 'centrista' di Sharon e del suo successore Ehud Olmert, torna in sella alla guida del Paese e di un governo a trazione nazionalista. Poi - seppure la misura e al prezzo di un accordo di compromesso che lo costringe a includere anche formazioni più moderate - riesce a confermarsi alle elezioni anticipate del 2013, da lui stesso volute.
Un'avventura che si appresa a ritentare il 17 marzo 2015. Nel frattempo la sua popolarità appare tuttavia intaccata, almeno in parte: sullo sfondo di uno scenario di sicurezza interna e regionale carico di incognite, del gelo ormai totale con il presidente palestinese Abu Mazen, dello stop di ogni progresso negoziale, dell'ampliamento degli insediamenti dei coloni nei Territori occupati a dispetto delle critiche della comunità internazionale. E soprattutto di una crisi senza precedenti col vitale alleato americano segnata dal braccio di ferro con l'amministrazione Usadi Barack Obama sulla controversa questione del nucleare iraniano: indicato da Bibi come la minaccia delle minacce per Israele.