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Paolo Scaroni

Paolo Scaroni

Svolta all'Opec, i prezzi del petrolio saliranno

17 ottobre 2016, 15:55

Redazione ANSA

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Paolo Scaroni - RIPRODUZIONE RISERVATA

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Paolo Scaroni - RIPRODUZIONE RISERVATA

Nulla e' come appare, tanto piu' quando in ballo c'e' il petrolio e gli interessi geopolitici e strategici che ruotano attorno al barile. Vale anche per l'ultima riunione dell'Opec ad Algeri, dove apparentemente si e' deciso di non decidere ma dietro alla quale c'e' in realta' una "decisione strategica importantissima" che promette una risalita del petrolio verso i 55 dollari al barile nel giro di un paio d'anni.

Parola di Paolo Scaroni, gia' ai vertici dell'Enel, dell'Eni e ora vicepresidente di Rothschild, gruppo di advisory finanziaria fra i piu' influenti e blasonati al mondo. "Nei prossimi due anni, i prezzi saliranno anche se nelle mie previsioni non supereranno i 55-56 dollari al barile", spiega Scaroni al telefono da Londra. "Sopra quel prezzo, lo shale oil ripartirebbe con vigore e spingerebbe di nuovo i prezzi al ribasso. Ma parliamo di cifre rilevanti".

Dopo Algeri, dopo quel meeting dell'Opec che era partito con bassissime aspettative, i paesi produttori riuniti nel Cartello hanno deciso "che la quota di mercato e' importante, ma prezzi del petrolio sono ancora piu' importanti". Si e' imboccata una strada probabilmente lunga, e complessa, quella di accettare di perdere quote di mercato per favorire una risalita dei mercati. "Una decisione strategica importantissima - dice Scaroni intervistato dall'ANSA - lo vogliono le compagnie petrolifere mondiali, lo vogliono i produttori di shale oil americani" e torna utile persino alle banche centrali che lottano per creare un po' d'inflazione. Le apparenze ingannano, insomma.

Il taglio - soltanto dichiarato con ogni decisione su chi tagliera' e quanto rinviata al 30 novembre - e' "minuscolo", come riconosce lo stesso Scaroni: dallo 0,3% allo 0,8% delle produzioni mondiali. E perche' si smuova qualcosa nel mercato petrolifero, con il barile piombato fino alla soglia dei 20 dollari per un braccio di ferro fra i grandi produttori disposti a vendere sottocosto pur di mantenere la propria quota di mercato, non si puo' prescindere dalla Russia, un colosso (fuori dall'Opec) che tuttora "sta pompando petrolio a livelli prossimi ai massimi storici, nell'ordine degli 11 milioni di barili al giorno". Eppure l'Opec si muove. Da' prova di esistere ancora, cosa non scontata (ancora pochi mesi fa in molti lo davano per morto, visto il livello del disaccordo al suo interno). In secondo luogo c'e' un terreno comune: obiettivo, far risalire i prezzi. "C'e' un dialogo che continua, e ora l'obiettivo e' far risalire i prezzi", spiega Scaroni.

Serve alle compagnie petrolifere, ai grandi paesi produttori inclusa l'Arabia Saudita e l'Iran proteso a riguadagnare quota di mercato dopo l'embargo. Serve anche alla Russia, che ne beneficerebbe non poco nonostante le sanzioni l'abbiano colpita molto meno di quanto si prevedesse. E serve all'economia globale che fa i conti con la deflazione: sarebbe una boccata d'ossigeno per i banchieri centrali di mezzo mondo.

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