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Stefano Ricucci

Stefano Ricucci

Undici anni sulla cronaca,da scalata fallita a Rcs a Contropatto

ROMA, 20 luglio 2016, 20:23

Redazione ANSA

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Stefano Ricucci - RIPRODUZIONE RISERVATA

Stefano Ricucci - RIPRODUZIONE RISERVATA
Stefano Ricucci - RIPRODUZIONE RISERVATA

Terminata ormai da tempo la corsa per restare nel club della finanza italiana che conta, Stefano Ricucci anima invece con più frequenza le cronache gossip o giudiziarie. La sua storia inizia oltre trent'anni fa quando non era ancora uno dei 'furbetti del quartierino', come sarebbe stato identificato con una delle frasi che negli anni ha pronunciato o gli sono state attribuite, come quella più piccante sulla mancanza di coraggio e trasparenza da parte di alcuni imprenditori. Con la Magiste, fallita nel 2007, arrivò a possedere il 10,2% di Rcs, uno dei gioielli intoccabili del Salotto Buono, ormai finito anch'esso con la vittoria di Urbano Cairo sulla cordata Bonomi-Mediobanca-Pirelli. Prima ancora Ricucci aveva acquistato quote consistenti di Capitalia e Bnl, dalle cui dismissioni avrebbe ricavato plusvalenze ingenti in un giro di denaro, più virtuale che reale, sempre più grande.
    Entrato nel Contropatto della Bnl, infatti, partecipò alla vendita delle quote della banca romana a Unipol, proprio nei giorni in cui stava per sposare Anna Falchi con un matrimonio da favola a Villa Feltrinelli, all'Argentario.
    Nato a ridosso dei Castelli Romani, 54 anni, Ricucci aveva investito in Capitalia dismettendo immobili per 100 milioni di euro, reinvestiti nella Hopa di Emilio Gnutti (1,4%), nella Bpl di Gianpiero Fiorani (0,9%), in Reti Bancarie (1%), Investimenti Immobiliari Lombardi (0,4%) e Banca Valori (1%). La cessione della quota Bell (la società che controllava l'Olivetti-Telecom di Colaninno e Gnutti) da parte di Hopa e l'offerta della Bpl su Investimenti Immobiliari Lombardi rappresentarono un bel regalo, a cui si aggiunse a fine 2003 la ricca plusvalenza, circa 120 milioni di euro, ottenuta vendendo il 5% circa di Capitalia. Un ingresso salutato dal presidente della banca, Cesare Geronzi con il celebre "Ricucci chi?". A distanza di tempo però l'odontotecnico-imprenditore avrebbe imparato a farsi conoscere.
    Figlio di un autista dell'Atac, Ricucci iniziò la sua ascesa dopo l'adolescenza trascorsa a San Cesareo e i primi lavori come assistente in uno studio dentistico di Centocelle, alla periferia di Roma e ottenne i primi successi come immobiliarista tra i Castelli, Zagarolo ed i lembi estremi della Capitale.
    Imprenditore negli immobili (una volta a Roma venivano chiamati palazzinari) già sposato una volta e padre di un figlio, Edoardo, Ricucci è diventato popolare anche perché a più riprese è diventato azionista della Lazio per poi uscire definitivamente dal club di Formello.
    Dopo l'estate rovente del 2005, in cui sfiorò con la Magiste il trionfo, Ricucci iniziò il lento declino, vivendo l'esperienza del carcere una prima volta. E ad annunciarne la fine a settembre del 2005, durante un ricevimento all'ambasciata italiana di Washington fu proprio il principale rappresentante di quella finanza che aveva sfidato con una certa spavalderia, Giovanni Bazoli, che dopo aver tenuto compatto a difesa il patto di Rcs disse: "penso che l'ipotesi di scalata sia finita". Una lapide sulle aspirazioni di Ricucci.
   

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