Era ancora buio, mercoledì mattina, quando subito dopo la prima, fortissima scossa, si è precipitato in auto a Pescara del Tronto, la frazione di Arquata completamente rasa al suolo, aggirandosi tra le rovine in ascolto delle grida dei sepolti e disperatamente scavando a mani nude tra le macerie. Ma monsignor Giovanni D'Ercole, vescovo di Ascoli Piceno, che da quel momento continua a prodigarsi senza sosta per i suoi diocesani così duramente colpiti e che oggi ha celebrato con tono commosso ma fermo i funerali dinanzi alle massime autorità dello Stato, non poteva pensare di dover essere il vescovo "dei due terremoti".
Prima di giungere nell'aprile-maggio 2014, per volontà di papa Francesco, alla guida della diocesi di Ascoli, infatti, D'Ercole, sacerdote orionino, 69 anni non ancora compiuti, era stato per quasi cinque anni vescovo ausiliare dell'Aquila, nominato da Benedetto XVI il 14 novembre 2009, ad appena sette mesi dall'altrettanto disastroso terremoto che aveva lasciato sul campo oltre 300 morti. "La Chiesa, don Giovanni, ti manda in quella terra martoriata per organizzare la speranza", gli fu detto nell'omelia dell'ordinazione episcopale in San Pietro, il 12 dicembre seguente, presieduta dal cardinale Tarcisio Bertone, allora segretario di Stato, co-consacranti il cardinale Renato Raffaele Martino e l'arcivescovo dell'Aquila Giuseppe Molinari.
E da un'altra zona colpita da uno storico sisma, quello di Avezzano, cioè la Marsica, don Giovanni proviene, essendo nato a Rendinara, frazione di Morino (L'Aquila), il 5 ottobre 1947.
L'attivissimo sacerdote, che è anche giornalista e volto televisivo, conduttore di trasmissioni religiose (cura e conduce ancora in Rai 'Sulla via di Damasco'), ha alle spalle quasi dieci anni di vita missionaria in Africa, dal 1976 al 1984 in Costa d'Avorio, poi altri venti di lavoro in Vaticano: nel 1987 Giovanni Paolo II lo ha nominato vice direttore della Sala stampa della Santa Sede, allora diretta da Joaquin Navarro-Valls; poi nel 1990 è entrato in Segreteria di Stato, nominato nel 1998 capo ufficio della prima sezione degli Affari Generali, incarico che ha mantenuto fino al 2009 e alla nomina vescovile, unendo comunque al servizio alla Santa Sede attività sociali soprattutto tra i ragazzi in difficoltà (in gioventù era stato anche cappellano al carcere minorile di Casal del Marmo).
D'Ercole è persino Cavaliere dell'Ordine Nazionale della Costa d'Avorio e Commendatore della Repubblica Italiana. Come ora con i suoi fedeli colpiti dal sisma, anche all'Aquila si è speso in prima linea a sostegno delle famiglie sfollate, nei lunghi anni che hanno preceduto la ricostruzione. E' incappato, però, in una sgradevole parentesi: l'8 novembre 2011 è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura aquilana nell'inchiesta sulla tentata truffa ai danni della Stato della Fondazione "Abruzzo Solidarietà e Sviluppo" (l'indagine sui cosiddetti "Fondi Giovanardi"). Era accusato di false informazioni al pm e di divulgazione di segreti inerenti a un procedimento penale. Accuse da cui è uscito brillantemente e senza conseguenze. Dopo l'archiviazione delle false informazioni al pm, è stato assolto con rito abbreviato e con formula piena, "perché il fatto non costituisce reato", dalla divulgazione di segreto d'ufficio. Di quell'inchiesta nata ai bordi del sisma, don Giovanni reca comunque nell'animo ancora lo smacco.
"Sarebbe stato semplice, oltreché prudente a detta di tanti, restarsene ai margini, incoraggiare dal bordo-campo dell'episcopio", lo difendono sul suo frequentato profilo Facebook. Sono gli stessi che ora, ritratto tra le macerie con la camicia e i pantaloni impolverati, lo definiscono "lo straccio di Dio nella terra ascolana".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA