PORDENONE - "Ti amo". La poetessa brasiliana Bruna Bianco, ospite oggi a Pordenonelegge, non ha dubbi: delle miriadi di versi composti per lei da Giuseppe Ungaretti, questo è il suo preferito.
Due sole parole tutt'altro che semplici, che raccontano l'amore di un uomo per una donna di cinquantadue anni più giovane. Sentimento vissuto attraverso una fitta corrispondenza epistolare che ha di recente raggiunto il grande pubblico nelle "Lettere a Bruna" curate da Silvio Ramat ed edite da Mondadori.
"Mi sentivo forte, grande, una regina, come lui mi chiamava:
prego che tutte le donne possano provare ciò che ho provato io"
ha raccontato commossa: "Mi sentivo amata ventiquattr'ore su ventiquattro, persino di notte: lui mi sognava. Ma questo libro, queste lettere, non sono stati scritti solo per me: sono per tutti noi, per ricordarci di non perdere la forza di essere felici ogni giorno. Ai malati di depressione non date le medicine, date loro questo libro. Al posto del Vangelo, se siete religiosi, metteteci questo libro. Rinnoverà la vostra vita.
L'amore va allenato, va tenuto vivo, anche con piccoli gesti".
Ancora, sul rapporto con Ungaretti, "mia madre e mio padre mi fecero in carne ed ossa, ma fu lui a soffiarmi la vita dentro.
In realtà lo conobbi e me ne innamorai prima come uomo che come poeta. Anch'io, da esule ed ignorante qual ero, scrivevo piccole poesie; gliele inviavo, e lui le correggeva a matita.
Immaginatelo: tra un premio e l'altro, tra una città e l'altra, si soffermava per correggere le parole di una ragazzina. È stato lui ad istruirmi, a farmi capire il peso e l'importanza della parola, e sopratutto del suo rinnovamento. Tra le 'Lettere a Bruna' questo è un concetto che torna spesso, e che per lui era fondamentale. Ed ora io desidero che questo riecheggi ad anni di distanza, e che siano soprattutto le generazioni più giovani a comprenderlo: la parola - ha concluso - non deve smettere mai di evolversi, di crescere, di cambiare".
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