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Giornalisti del Mediterraneo: testimonianze dei cronisti di guerra

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(ANSA) - OTRANTO (LECCE), 8 SET - Le testimonianze autentiche di chi è impegnato quotidianamente nel raccontare i conflitti di guerra saranno al centro dell'incontro che si terrà questa sera, in Piazza del Popolo, a Otranto, nell'ambito della nona edizione del Festival Giornalisti del Mediterraneo che si conclude domani, 9 settembre.
Saranno presenti Luciana Borsatti, Ansa, Shelly Kittleson, giornalista freelance e inviata di guerra, Sara Lucaroni, L'Espresso, Giuseppe De Giorgi, già Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, Felice Blasi, presidente del Corecom Puglia. Modera: Stefano Mentana, The Post Internazionale.
"Si può parlare di guerra dal fronte come dalle retrovie, le quali dicono molto delle ragioni, delle ideologie e dei sentimenti collettivi che spingono i combattenti a partire o un intero Paese a mandare i propri giovani al fronte - commenta Borsatti - È dunque interessante indagare questo tema in relazione all'Iran, che ormai conta circa 2500 'martiri' sul fronte siriano. Martiri appunto, perché al di là delle ragioni geopolitiche del sostegno iraniano ad Assad, a creare consenso sociale intorno a questo intervento concorrono diverse motivazioni: dalla propaganda di guerra alla necessità di salvaguardare la stabilità in casa propria, fino alla religione ed alla convinzione sincera, da parte di molti soldati e delle loro famiglie, di combattere per la difesa del santuario sciita a Damasco e soprattutto per il vero Islam contrapposto al terrorismo jihadista".
"C'è stato un cambiamento radicale durante la guerra siriana di come viene percepita la 'verità' dei fatti trasmessi dai giornalisti dalle zone di guerra - aggiunge Kittleson - Durante le guerre in Afghanistan e in Iraq, ci sono stati esempi di giornalismo investigativo eccezionali che hanno messo in luce almeno una parte della verità e noi siamo in debito verso quei reporter, perché si sono presi dei rischi per chiarire i fatti sul campo. Però, dalla guerra in Siria in poi, sembra che le opinioni abbiano preso il sopravvento sui fatti. Da metà 2013, tante testate che già non inviavano più i loro giornalisti in Siria hanno deciso di non accettare nemmeno il lavoro dei freelance". "Il risultato - conclude - è che c'è un buco di notizie verificate da professionisti del settore".(ANSA).

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