ROMA - E' l'alba del nuovo millennio, internet scoppia come una bolla planetaria, si avvertono i primi scricchiolii della crisi economica e serpeggia la paura del terrorismo internazionale. E' ancora poco diffuso, invece, il timore per le infrastrutture informatiche sulle quali si basa il mondo digitale, infrastrutture fragili ed esposte alle incursioni dei cyber criminali. In questo contesto si dipana "Il nodo di seta", il primo romanzo di Marco Forneris.
David Faure, il protagonista dell'hard boiled edito da Sandro Teti, è incaricato dal presidente della Allgemeine Bank di Francoforte di scoprire come siano potuti svanire 438 milioni di dollari da conti offshore della banca privata Sutter.
Da qui, sullo sfondo della grande finanza e dei suoi santuari, parte un'indagine svolta con mezzi non convenzionali, in un viaggio alla ricerca della verità da Lugano a Roma, dai Caraibi a New York, da Tallinn a Mosca fino a Gerusalemme, costellato da omicidi. In scena imprenditori spregiudicati e hacker quasi invisibili, spie israeliane e alti prelati vaticani.
Nel settore dell'informatica dagli anni Settanta, con un inizio di carriera nella Olivetti, Forneris intreccia realtà e finzione in un thriller che mette a nudo la debolezza delle attività umane nell'era digitale, dove tutto funziona grazie a miliardi di linee di codice, spesso contenenti errori di cui gli hacker sono pronti ad approfittare.
Il quadro è dipinto in modo nitido da Eugene Kaspersky, tra i massimi esperti mondiali di cyberwar e cyberterrorismo, che firma la prefazione al libro. "'Il nodo di seta', pur rimanendo un'opera di narrativa, illustra come tutto ciò che è connesso alla rete sia basato su software che contengono vulnerabilità che possono essere sfruttate dai cyber criminali", scrive Kaspersky. "Forneris riesce con grande efficacia a offrire al lettore uno scorcio della sostanziale fragilità del mondo digitale in cui viviamo".
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