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SOS Federmeccanica: Storchi, investimenti o baratro

Continua calo produzione metalmeccanica, tiene solo l'export. Dal settore un manifesto per crescita

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ROMA - "Senza investimenti il Paese è destinato a finire nel baratro". E' un vero e proprio grido d'allarme quello che arriva dal presidente di Federmeccanica, Fabio Storchi, che commenta l'ennesimo calo della produzione meccanica italiana. La produzione del settore infatti nel terzo trimestre è calata dell'1,5%, dopo la scivolata del 2% del secondo trimestre. Rispetto all'anno precedente il calo è dell'1,9% su cui pesano, in particolare, le grandi crisi aziendali come quella della siderurgia con tre grandi impianti a rischio come Ast di Terni, Lucchini di Livorno e Ilva di Taranto. E per il futuro non regna certo l'ottimismo: "il quarto trimestre non dovrebbe presentare grandi mutamenti, il primo trimestre del 2015 dovrebbe essere ancora negativo mentre speriamo che qualcosa cambi dal secondo" ha sottolineato Storchi.

"E' un settore molto importante ma colpito gravemente dalla crisi e per il momento non ci sono spiragli di ottimismo" ha spiegato Storchi presentando un vero e proprio manifesto per la crescita. Tre gli assi portanti: fare investimenti per far ripartire la domanda interna; concludere la riforma del mercato del lavoro; puntare sull'innovazione. 

Storchi ha sottolineato che la metalmeccanica contribuisce per l'8% alla ricchezza nazionale, dà lavoro a 1,8 milioni di persone e il suo export mantiene in equilibrio la bilancia commerciale, per questo ha spiegato: "senza rilancio della metalmeccanica non c'è rilancio per il paese".

Oggi l'indagine congiunturale di Federmeccanica è stata presentata contemporaneamente da 60 gruppi metalmeccanici in 60 territori proprio per attirare l'attenzione sulla crisi del settore e per dimostrare unità per il rilancio. "Con questo manifesto - ha spiegato il presidente - vogliamo aumentare l'attenzione del Paese e della politica verso questo settore. Per rilanciarlo serve grande coesione e unità di intenti e la consapevolezza che è un settore critico per il Paese".

L'unico dato positivo dell'indagine è quello che riguarda l'export che è cresciuto dello 0,8%, in particolare grazie alle buone prestazioni verso Cina (+12%) e Usa (+14%). Per il futuro però preoccupa seriamente la situazione della Russia, che nei bilanci delle imprese italiane è scesa dell'11%, a causa della crisi ucraina.

Dall'inizio della crisi il settore della metalmeccanica ha pagato un prezzo altissimo che viene ormai definito "strutturale": in sette anni infatti si è assistito a un calo della produzione di 33 punti e a un ridimensionamento del 25% della capacità produttiva installata. Il paragone con gli altri paesi europei dimostra inoltre che il settore non è riuscito a agganciare i segnali di ripresa: se la produzione europea è infatti inferiore del 12% a quella del 2008, quella tedesca lo è appena dello 0,7% e quella inglese dell'1,6%, mentre quella italiana ha subito un calo del 32%. Peggio di noi solo la Spagna che registra un pesante -36%.

Inutile dire che questo pesante ridimensionamento produttivo pesa anche sull'occupazione: nei primi otto mesi dell'anno si è infatti perso l'1,1% dei posti di lavoro nelle imprese con oltre 500 addetti, mentre le ore di Cig sono arrivate al nuovo record di 327 milioni, con una crescita dell'1% rispetto ai 323 milioni dello stesso periodo del 2013.

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