Una buona comunicazione potrebbe incrementare il ritorno d'immagine per l'azienda che investa in cultura. Così una corretta valutazione degli investimenti spingerebbe le aziende a puntare maggiormente sul settore e in maniera continuativa e strutturale. E' quanto emerge dalla ricerca presentata oggi da Associazione Civita, Comitato Arte&Impresa ''Dalla CSR alla Corporate Cultural Responsibility: come valorizzare gli interventi delle imprese in Cultura'', realizzata da UNICAB - Ricerche di marketing su un campione di 1000 imprese italiane, sopra i 50 addetti, che hanno dichiarato di aver investito in ambito culturale negli ultimi 5 anni (in rappresentanza dell'universo di riferimento di 24.300 imprese).
Ecco i risultati:
BILANCI - Se solo il 14% delle imprese italiane sopra i 50 addetti investe in cultura, l'indagine conferma che quasi esclusivamente le aziende di grandi dimensioni, (36% del totale), redigono un bilancio o report di sostenibilità e che gli attuali strumenti di rendicontazione non includono specifici indicatori per gli investimenti nel settore, come avviene invece per sociale e ambiente.
INVESTIMENTI - A spingere le imprese ad operare nel settore sono spesso gli aspetti pro-sociali, reputazionali e/o relazionali. Si tratta di interventi saltuari (47%), sebbene il 37% sviluppi almeno un progetto l'anno (per lo più grandi imprese). L'investimento medio è di 82.500 euro e in proporzione non c'è correlazione fra investimento e fatturato. Si privilegia l'ambito regionale (62%), seguito a pari livello dal nazionale e provinciale (28-27%), dall'interregionale (18%) e dal comunale (13%). Le iniziative di portata internazionale (2%) sono appannaggio esclusivo degli investitori forti.
SCELTA - Quanto al tipo di iniziativa da sostenere, il 59% del campione considera prioritaria l'opportunità di relazione con enti e istituzioni pubbliche - prevalente per le imprese del Mezzogiorno - seguita dal contatto con target specifici (35%) e dalla visibilità dell'intervento (26%), in particolare al Nord. Si predilige l'evento culturale, come mostre, esposizioni, concerti (scelto nell'82% dei casi), rispetto ad interventi strutturali (12%), come restauri, recuperi, creazione di spazi.
COMUNICAZIONE - Solo la metà delle imprese intervistate (46%) comunica all'esterno i propri interventi nel settore cultura. Lo fa per lo più sul sito web aziendale (88%) e solo in pochi casi su Report di sostenibilità (5%), magazine aziendale (3%) e social media (3%). L'intervento in ambito culturale è concepito come occasione per veicolare il brand aziendale in modo strategico, in alternativa o ad integrazione dei tradizionali investimenti in comunicazione corporate. A confermarlo, la gerarchizzazione dei criteri di valutazione di efficacia degli interventi sostenuti: la visibilità del marchio prevale nettamente (43%, con una leggera prevalenza al Centro Nord) sulla creazione di contatti diretti e relazioni (24% con una concentrazione nel Sud e Isole). Significativa, comunque, la quota di coloro che non utilizzano alcun criterio di valutazione (26%), soprattutto fra le imprese con fatturato tra 20 e 50 milioni di euro.
REPORT - Meno della metà delle imprese (36%, con leggera prevalenza al Nord-Est) redige un report integrato, di sostenibilità o un bilancio sociale. Solo nella metà dei casi (51%) il documento tiene conto anche degli investimenti culturali. Gli indicatori utilizzati sono soprattutto GRI (Global Reporting Initiative). L'8% impiega KPI diversi, per lo più legati alla sostenibilità. Significativa la quota di coloro che non impiegano alcun indicatore(35%). Tra le maggiori criticità che hanno spinto l'oltre 70% delle aziende che redigono un Report non-finanziario a non misurare il proprio investimento in cultura c'è la mancanza di un indicatore specifico fra gli standard disclosure del GRI. Di fatto, quello maggiormente utilizzato (G4-LA14) è concepito per valutare la dimensione sociale e la sostenibilità dell'organizzazione.
In collaborazione con: