(Di Francesco Gallo)
''Festival? No, per questo film vorrei solo il pubblico''. Cosi' Gianni Amelio a Roma nel presentare La tenerezza, in sala dal 24 aprile con 01 in oltre 200 copie, risponde alla domanda sul perche' questo suo ultimo lavoro non sia approdato a Cannes o Venezia. Va detto che La tenerezza, film di apertura del Bif&st sabato 22 aprile, un festival se lo sarebbe davvero meritato sia per la storia che per il cast. Un racconto triste, melanconico ed acre, quello de La tenerezza, su come vanno le cose oggi, sul rapporto tra padri e figli e sul fatto che nessuno e' davvero disposto a guardare davvero l'altro. E un cast poi composto da un gigantesco Renato Carpentieri nei panni di Lorenzo, ex avvocato impiccione, che vive da solo con le sue cicatrici in una enorme casa a Napoli. Per lui due figli 'assenti' (Giovanna Mezzogiorno e Arturo Muselli) e una famiglia di vicini di casa, composta da Micaela Ramazzotti ed Elio Germano con due bambini a carico, a cui inevitabilmente affezionarsi. ''La tenerezza - spiega Amelio - non so se definirla come un sentimento o come un gesto. Ma proprio una settimana fa Papa Francesco ha parlato di tenerezza come qualcosa che ci da' liberta'. Credo, comunque, che sia qualcosa di cui abbiamo bisogno per scacciare l'ansia. E questo in un mondo fatto di trappole e inganni. In questo mondo pieno di trappole non si deve essere timidi o vergognosi, un uomo che fa un gesto di tenerezza non deve considerarsi per questo un debole''. Ma nel film, anche molto forte, il tema della vecchiaia rappresentata dall'anziano avvocato 'alter ego del regista':'' Lorenzo rifiuta, come tutti noi, l'eta' che avanza. Bisognerebbe che gli uomini si fermassero, per tutta la vita che gli resta, all'eta' di cinquanta e le donne a trentacinque''. ''Il mio personaggio - spiega Carpentieri (tra l'altro incredibilmente trascurato nel manifesto) - vede, con rimpianto e imbarazzo, una famiglia felice in quella dei suoi vicini e cosi' comincia ad aprirsi a loro, a tornare a vivere - ed aggiunge -. Erano ventisette anni che non lavoravo con Amelio dopo Porte aperte, ma questa volta ero il 'doppio' di Gianni, una grande responsabilita'''. Elio Germano che nel film e' Fabio, introverso ingegnere navale che viene a Napoli dal Nord insieme alla moglie Michela e i loro due figli, spiega:''Gianni e' un regista che ti abita. Il mio personaggio e' complicato, dice sempre molte cose, ma non si capisce mai se sono vere o meno''. La Mezzogiorno, interprete araba nei tribunali napoletani in rotta con il padre, spiega come anche per questo personaggio: ''la regola e' sapersi abbandonare. Lasciare che il film venga a te''. Una delle chiavi del film la frase araba citata nel film che dice:''La felicita' e' una casa a cui tornare''. ''E' vero - replica il regista - anche Musil ha scritto in una sua opera, I fanatici, dice ''non si mai tanto noi stessi come quando perdiamo la strada''.
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