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Montanelli, 20 anni fa moriva l'ultimo inviato d'assalto. Il ricordo di Mattarella

Montanelli, 20 anni fa moriva l'ultimo inviato d'assalto. Il ricordo di Mattarella

Il presidente della Repubblica: 'Un maestro di scrittura'

ROMA, 22 luglio 2021, 09:14

Redazione ANSA

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Indro Montanelli, premiato come ' 'eroe della liberta ' di stampa ' ' dall 'International Press Institute in una foto d 'archivio del 2 maggio 2000 - RIPRODUZIONE RISERVATA

Indro Montanelli, premiato come  	' 	'eroe della liberta 	' di stampa 	' 	' dall 	'International Press  Institute in una foto d 	'archivio del 2 maggio 2000 - RIPRODUZIONE RISERVATA
Indro Montanelli, premiato come ' 'eroe della liberta ' di stampa ' ' dall 'International Press Institute in una foto d 'archivio del 2 maggio 2000 - RIPRODUZIONE RISERVATA

Moriva 20 anni fa, alle 17,30 del 22 luglio 2001 nella clinica Madonnina di Milano, Indro Montanelli, il decano del giornalismo italiano. ''La mia vita professionale
e' la mia vita, tout court'', disse l'ultimo vero inviato d'assalto il giorno del suo ottantesimo compleanno. Ed e' stato
proprio cosi'. 

A ricordarlo oggi anche il presidente della Repubblica 

"Il ricordo di Indro Montanelli, a vent'anni dalla morte, suscita ancora intensa partecipazione, non soltanto in coloro che lo hanno conosciuto più da vicino, ma anche nei tanti che ne hanno apprezzato le qualità di cronista, di narratore, di divulgatore storico, di polemista che non rinunciava ai toni forti anche a rischio di disorientare i propri ammiratori", afferma il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una dichiarazione.
    "Il giornalismo di Indro Montanelli ha attraversato gran parte del Novecento. Iniziata la sua attività durante il regime fascista, fu inviato di guerra, e si distinse in quegli anni per dare completezza al suo lavoro, sottraendosi per quanto possibile alle strette maglie della propaganda.
    Divenuto critico verso il fascismo, fu imprigionato a Milano nell'ultimo periodo della seconda guerra mondiale. Evaso dal carcere raggiunse la Svizzera, dove attese la fine del conflitto.
    La Repubblica vide intensificarsi il suo impegno di giornalista e di scrittore.
    Fu una delle firme più prestigiose del Corriere della Sera.
    Fondò il Giornale e poi la Voce. Scelse strade nuove ogni qualvolta vide, o temette, invasioni di campo o limitazioni del proprio spazio di autonomia.
    Le Brigate rosse lo individuarono come obiettivo, e l'agguato che provocò il suo ferimento fu un crimine contro la libertà dell'informazione.
    Rifiutava con cocciutaggine qualsiasi omologazione, rivendicandolo al suo carattere di toscano.
    Intellettuale dalle inesauribili energie, maestro di scrittura, giornalista intransigente nella difesa della autonomia professionale, è stato per decenni - conclude il presidente - una personalità di rilievo nella cultura italiana e nel dibattito pubblico". 
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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