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Tensione sul Mes: Conte, governo a rischio? No, andrà avanti

Salvini: 'Ruba soldi a poveri per darli a ricchi, si dimetta'. Di Maio: 'Italia non può firmare al buio'.

Il Pd perde la pazienza con M5s e Luigi Di Maio sulla riforma del Mes, con il ministro Dario Franceschini e Graziano Delrio che cercano di fermare le richieste di modifiche al Trattato avanzate dai pentastellati.

Anche il premier Conte, che lunedì sarà alla Camera e al Senato, invita a togliere di mezzo le "chiacchiere".

Ma la risposta di M5s è stizzita: Di Maio ribadisce di non volersi piegare "a qualche euro burocrate piuttosto che tutelare gli interessi degli italiani". Parole che starebbero bene sulle labbra di Matteo Salvini, che infatti alza il livello dello scontro, intimando Conte a dimettersi. Di Maio in mattinata smentisce alcuni giornali secondo i quali egli vorrebbe far cadere il governo proprio sul Mes. Anzi, il capo politico di M5s dice di "credere in questo esecutivo e nei progetti comuni", ma ribadisce di volere "modifiche sostanziali" alla riforma del Mes.

"L'Unione Bancaria mi preoccupa ancor più del Mes" aggiunge Di Maio, chiedendo di attendere le conclusioni sulle trattative in sede europea su tutto il "pacchetto" prima di pronunciarsi. Una linea più vicina a quella della Lega, con il paradosso che i due partiti al governo il 13 giugno, al momento della firma dell'accordo sul Mes, ora si sfilano, lasciando al Pd (allora all'opposizione) l'onere ora di sostenerlo. Un bis dell'accordo europeo sull'inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione, firmato il 25 marzo 2011 dal governo sostenuto dalla Lega che poi si sfilò al momento del voto in Parlamento. E' proprio questo che provoca la reazione di un Pd ormai stanco. "Sul Mes in queste ore ci giochiamo la credibilità del Paese - ha detto Franceschini - l'andamento dello spread e dei mercati. Non si può giocare con il fuoco. Prendo per buone le parole di Di Maio di questa mattina e da qui a lunedì vedremo se alle intenzioni seguiranno i fatti e i comportamenti".

Concetti ripetuti nel pomeriggio da Delrio: "Siccome nella riforma del Mes non ci sono elementi di merito che mettono in discussione la nostra sovranità, è molto importante che diamo una dimostrazione di serietà e affidabilità. Io mi aspetto che le legittime critiche del nostro alleato non portino a provocare una crisi di credibilità per il Paese". Una ripresa, dunque, delle parole del ministro Gualtieri mercoledì in audizione in Senato: la modifica del Trattato non è impedita giuridicamente, ma significherebbe certificare che il debito italiano non è sostenibile, con immediata fuga degli investitori dai Titoli italiani. E assertivo è stato anche il premier Conte: "lunedì passerò in Parlamento e metteremo tutti i tasselli al loro posto e inizieremo a spazzare via tutte le fesserie che sono state dette. Sono molto paziente ma il momento in cui dovremo spazzare via le chiacchiere, sarà lunedì".

Frasi in cui la parola "fesserie" allude alle accuse di "tradimento" mossegli da Salvini, ma in cui il tono spazientito si riferisce anche a M5s. Ma Di Maio non ha intenzione di passare per lo scolaretto che viene messo in riga e in una nota i 5 stelle ribattono: "se qualcuno vuole alzare i toni e metterla sul tema della credibilità, a noi sembra che la credibilità come Stato in tutti questi anni l'abbiamo persa proprio quando si firmava qualsiasi cosa per compiacere sempre qualche euro-burocrate, piuttosto che tutelare gli interessi dell'Italia e degli italiani. Bene, quell'epoca è finita". Parole che evocano la narrazione sovranista, come piace a Salvini, che ha intimato a Conte di " dire la verità" lunedì in Aula, e di dimettersi se ha già firmato l'accordo. Urge dunque un chiarimento che ci sarà in un vertice a Palazzo Chigi questa sera.

 

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