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Bufera su 'Libero'. Di Maio: "Idiozie. Fatto bene a tagliare fondi"

Bufera su 'Libero'. Di Maio: "Idiozie. Fatto bene a tagliare fondi"

Crimi ha avviato la procedura che azzererà i finanziamenti. Facci, nessun reato ma M5S vuole chiudere giornale

ROMA, 23 gennaio 2019, 21:07

Redazione ANSA

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La prima pagina del giornale 'Libero ' del 23 gennaio 2019 - RIPRODUZIONE RISERVATA

La prima pagina del giornale  'Libero ' del 23 gennaio 2019 - RIPRODUZIONE RISERVATA
La prima pagina del giornale 'Libero ' del 23 gennaio 2019 - RIPRODUZIONE RISERVATA

Bufera sulla prima pagina di Libero che oggi titola: "Calano fatturato e pil ma aumentano i gay".

"Abbiamo fatto bene o no a tagliare i fondi a giornali del genere? Scriveranno queste idiozie senza più un euro di fondi pubblici. Vito Crimi ha avviato la procedura che azzererà i finanziamenti pubblici entro i prossimi tre anni", scrive il vicepremier Luigi Di Maio su Facebook. 

 IL POST DI DI MAIO

 

 

Odg, caso Libero al Consiglio di disciplina - "Ciò che viene stampato rimane. Premesso che il presidente Carlo Verna ha già disposto la segnalazione al Consiglio di Disciplina competente nei confronti di Pietro Senaldi, nell'esprimere lo sdegno per il titolo odierno di Libero 'calano fatturato e Pil ma aumentano i gay', il Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti invita tutta la redazione del quotidiano a riflettere sulle sagge parole del dirigente scolastico del liceo scientifico Oriani di Ravenna che non ha cancellato la scritta 'il preside è gay' ritenendola 'pietra d'inciampo' per l'intelligenza umana". E' quanto si legge in una nota del Consiglio dell'Ordine dei giornalisti.

Fnsi, legittime critiche a Libero, non ritorsioni - "Il ministro Luigi Di Maio e il sottosegretario all'Editoria Vito Crimi continuano ad avere un approccio sbagliato nei confronti del mondo dell'informazione. La giusta condanna di ogni forma di discriminazione e del linguaggio offensivo delle diversità, al quale si abbandona oggi il titolo di apertura del quotidiano Libero, non può giustificare in alcun modo la rivendicazione del ministro e del sottosegretario di cancellare qualsiasi forma di sostegno all'editoria". Lo affermano, in una nota, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana. "Trasformare critiche legittime e condivisibili in provvedimenti di carattere ritorsivo è sbagliato, oltre che ingiusto. Il modo migliore per affrontare il problema - continuano i vertici Fnsi - è quello di ragionare di riforma dell'editoria legando qualsiasi forma di sostegno non soltanto al rispetto delle norme di legge e dei contratti nazionali di lavoro, ma anche all'osservanza degli obblighi imposti dalla legge e dalle carte deontologiche dei giornalisti, che vietano e sanzionano qualsiasi forma di discriminazione delle diversità e delle minoranze. L'atteggiamento del governo è invece quello tipico di chi vuole usare il manganello contro un'intera categoria di professionisti per consumare vendette e regolamenti di conti anche con chi le regole le ha sempre rispettate".

Giulia Grillo, Libero fomenta l'odio - "Prima contro i terroni, ora contro i gay. Libero è tornato indietro di 50 anni nel dibattito politico. Peccato, questa non è libera stampa, ma sono libere cavolate! Giusto che le nostre tasse non vadano a chi fomenta l'odio". Così, con un tweet, il ministro della Salute, Giulia Grillo, commenta la prima pagina odierna del quotidiano.

 

 

 

Arcigay, con il titolo di Libero si istiga l'odio - "Nel titolo di prima pagina con cui il quotidiano Libero è uscito in edicola questa mattina, c'è il tentativo becero di insinuare un legame tra due fenomeni, il calo del Pil e l'aumento della visibilità delle persone lgbti, che evidentemente non hanno alcun rapporto diretto di causa effetto": lo dichiara Gabriele Piazzoni, segretario generale Arcigay. "Già soltanto parlare di aumento degli omosessuali significa fraintendere l'informazione che Libero stesso pubblica a pagina 3, nell'articolo a firma della giornalista Giovanna Cavalli, dove si parla correttamente di aumento della visibilità (e non del numero) delle persone lgbti, riportando con precisione dati e analisi assolutamente rispettabili, che scattano una fotografia interessante del nostro presente". "Ma a costo di squalificare il lavoro degli stessi colleghi, il direttore ha scelto di puntare, nel titolo in prima pagina, sull'ambiguità e di insinuare ciò che l'articolo non dice mai e che è impossibile anche solo tratteggiare. Nel farlo, chissà se se ne rende conto, oltre a dire una falsità, crea un retropensiero, ammicca a un rapporto di causalità assolutamente strampalato (saranno i gay a far calare il Pil? O le crisi economiche rendono le persone omosessuali? O i gay speculano sulle crisi economiche?) e istiga all'odio, perché qualsiasi lettura si dia di quel titolo, il sapore che resta è sempre amaro. Libero, d'altronde, usa metodicamente l'hate speech come titolo sensazionalistico: lo ha fatto contro i migranti, i musulmani, le donne, le persone lgbti. Tuttavia, proprio perché a questi titoli corrisponde evidentemente una strategia, non siamo disposti a tollerarli né tantomeno a normalizzarli. Per questo, invieremo oggi stesso un esposto al Consiglio di disciplina dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia affinché intervenga", conclude Piazzoni.

Facci, nessun reato ma M5S vuole chiudere Libero - "Vorrei sapere, tra coloro che invocano la chiusura o la morte finanziaria di Libero, quanti hanno anche letto l'articolo a cui il famigerato titolo si riferisce - che è fatto dalla redazione, come sempre capita coi titoli - e quanti, nel caso, oserebbero parlare ancora di omofobia, che ricordiamo: corrisponde a un reato". Lo dice all'ANSA Filippo Facci, autore dell'articolo di Libero, il cui titolo ha provocato accuse di omofobia. "Siccome però nessuno ha commesso reati - prosegue Facci -, i fatti restano che alcuni governanti dei Cinque Stelle vogliono chiudere un giornale che non è mai stato tenero con loro. Tutti difesero Charlie Hebdo e la libertà di espressione, senza bisogno di condividerne i contenuti: in Italia questo non vale". 

   

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