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L'analisi/ 21 marzo: Accordo presidenze difficile su nomi, si rischia guerra dei veti

Senato a Forza Italia ma c'è il nodo Romani

Il centrodestra si compatta e "lascia" la presidenza della Camera al Movimento Cinque stelle. Tiene per se' quella del Senato, dove dalla terza votazione sarà autosufficiente, ma lancia un nome poco gradito all'M5s, quello del forzista Paolo Romani. Sembra una piccola vittoria di Silvio Berlusconi che così rilancia la palla nel campo avversario dove Luigi Di Maio appare in difficoltà e rilancia facendo sapere che l'M5s non voterà mai un condannato. E Paolo Romani lo è. Comunque è probabile che sia una guerra di nervi e che alla fine se i Cinque stelle non voteranno Romani, non lo ostacoleranno.

Da venerdì si fa sul serio e le parole lasceranno spazio ai fatti: partono le votazioni in aula per le presidenze e alla Camera, secondo lo schema disegnato dal vertice del centrodestra, i deputati di Salvini, Berlusconi e Meloni dovrebbero votare un candidato grillino. Cosa che pone un doppio problema: lo schieramento di destra si potrebbe trovare a dover sostenere - seppur a voto segreto - un nome scelto dall'M5s, per esempio Roberto Fico. Figura certamente più gradita dalle parti del Pd che altrove. Il Movimento a sua volta si troverebbe nella situazione non facilmente spiegabile agli elettori di far salire un suo rappresentante a Montecitorio grazie ai voti utili del "condannato" Berlusconi.

Ma se regge l'impianto si potrebbe aprire la strada per replicarlo quando si parlerà di Governo. In serata Matteo Salvini cerca di raffreddare gli animi con una dichiarazione che sembra indirizzata sia a Berlusconi che a Di Maio: "devono esserci nomi e cognomi condivisi da tutti", replica a chi gli chiede se l'M5S debba rinunciare al veto sugli indagati per chiudere l'accordo. Insomma a 48 ore dall'inizio delle votazioni sembra essere partita la battaglia dei veti incrociati. Battaglia peraltro prevista dato che i due contendenti sembrano non volersi "impiccare" sulle figure di Romani e Fico. Dietro le quinte girano già i nomi di Anna Maria Bernini e Riccardo Fraccaro per sciogliere il nodo.

I Dem invece si sfilano del tutto da un gioco che sembra diventare pericoloso: "il Pd non può partecipare a incontri i cui esiti sono già scritti. Se c'è già un accordo sulle presidenze da parte di qualcuno è bene che chi l'ha fatto se ne assuma tutta la responsabilità", scandiscono al Nazareno. Come dire: non crediamo a questa manfrina, avete già l'accordo su tutto. Forse anche sul Governo. Il Colle sta alla finestra e aspetta la prova dell'aula.

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