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La Cassazione: "Il saluto fascista non è reato se solo per commemorare"

Può essere considerato, secondo i giudici, una libera "manifestazione del pensiero"

   Non è reato il saluto romano se ha intento commemorativo e non violento: in questo senso, può essere considerato una libera "manifestazione del pensiero" e non un attentato concreto alla tenuta dell'ordine democratico.  La Cassazione ha così definitivamente assolto due manifestanti, che durante una commemorazione organizzata a Milano nel 2014 da esponenti di Fratelli d'Italia, rispondendo alla "chiamata del presente" avevano alzato il braccio destro facendo il saluto fascista. Un gesto che gli era valsa un'imputazione per "concorso in manifestazione fascista", reato previsto all'articolo 5 della legge Scelba. La Cassazione (sentenza n. 8108) ha respinto il ricorso del pg di Milano, confermando le decisioni del gup e della Corte d'appello di Milano (quest'ultima del 21 settembre 2016).
    Condiviso il percorso che ha portato alle decisioni di merito:la legge non punisce "tutte le manifestazioni usuali del disciolto partito fascista, ma solo quelle che possono determinare il pericolo di ricostituzione di organizzazioni fasciste", e i gesti e le espressioni "idonei a provocare adesioni e consensi".
   

E il saluto romano fatto dagli imputati non è stato ritenuto tale. Per i giudici di merito è stata dirimente la natura puramente commemorativa della manifestazione del corteo, organizzato in onore di tre militanti morti, senza "alcun intento restaurativo del regime fascista". La manifestazione - come contestava invece il pg di Milano - era stata sì regolarmente autorizzata dalla questura, ma nei giorni precedenti gli organizzatori erano stati diffidati dall'utilizzare bandiere simboli quali le croci celtiche.
    Nonostante l'inosservanza del divieto, si era scelto di far proseguire il corteo solo per ragioni di ordine pubblico. Anche se vi era stata ostentazione di simboli, quindi, i giudici hanno escluso che la manifestazione avesse assunto connotati tali da suggestionare e indurre "sentimenti nostalgici in cui ravvisare un serio pericolo di riorganizzazione del partito fascista". Nell'argomentare la propria decisione, la Cassazione fa degli esempi, in cui al contrario, vanno ravvisati gli estremi del reato di manifestazione fascista: è il caso di chi intona "all'armi siamo fascisti", considerato una professione di fede e un incitamento alla violenza, o di chi compie il saluto romano armato di manganello durante un comizio elettorale.
    La Suprema Corte ricorda inoltre, un precedente identico, riguardante i coimputati dei due manifestanti. In quell'occasione la stessa Cassazione aveva sottolineato che il reato previsto dalla legge Scelba "è reato in pericolo concreto, che non sanziona le manifestazioni del pensiero e dell'ideologia fascista in sé, attesa le libertà garantite dall'articolo 21 della Costituzione, ma soltanto ove le stesse possano determinare il pericolo di ricostituzione di organizzazioni fasciste, in relazione al momento ed all'ambiente in cui sono compiute, attentando concretamente alla tenuta dell'ordine democratico e dei valori ad esso sottesi". 

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